Il percorso di lettura che Sandra Lischi invita a compiere è un’accurata introduzione, una guida per avventurarsi nell’affascinante mondo delle immagini in movimento e delle immagini elettroniche. Le immagini parlano, si muovono di vita propria: la sconvolgente rivoluzione dell’era contemporanea segna il cammino dell’arte in modo irreversibile. Tra scrittura del movimento (cinematografo) e visione a distanza (televisione), l’arte video è la ricerca di un linguaggio audiovisivo radicalmente nuovo, altro. Visioni elettroniche racconta questa ricerca attraverso le poetiche degli autori, le teorie elaborate da studiosi e critici, le opere create nel corso di quarant’anni di ricerche e elaborazioni audiovisive in elettronica. Non è una ricostruzione storica. Procede invece per temi e snodi teorici, scanditi ad ogni capito, quasi a simulare un manuale scolastico, da una raccolta di citazioni d’autore e dall’analisi di opere di particolare importanza, i capolavori delle videoarte, da Art of memory di Woody Vasulka a These are not my images di Irit Batsry, da Corps flottans di Robert Cahen a Planetopolis di Gianni Toti. E’ uno stile di “impaginazione” degli argomenti abbastanza nuovo nelle trattazioni di videoarte in Italia.
E’ una strategia per mettere in evidenza attraverso la struttura del libro stesso, attraverso la retorica degli stili editoriali, la centralità del linguaggio delle immagini in movimento, e per restituire loro in qualche modo l’aura di opere d’arte. La trattazione per temi mette in luce la predisposizione dell’arte video a dialogare con tutte le altre arti e con gli altri media, pittura, musica, radio, televisione, ma in particolare con il cinema. E in realtà la relazione tra video e cinema regge l’intero percorso che Sandra Lischi delinea. Non si tratta solo di colmare una lacuna nella ricostruzione storica individuando i debiti dell’arte video nei confronti del cinema, e soprattutto del cinema delle origini. E’ la natura stessa della videoarte ad essere in questione: le trattazioni del video in contesto di storia dell’arte ne privilegiano l’aspetto di costruzione scultorea, di performance d’artista, di provocazione dadaista, di intervento minimale, concettuale, processuale, inserendo questi elementi nel panorama delle estetiche contemporanee, ma mettendo in secondo piano l’analisi delle forme in movimento e della costruzione interna allo schermo. Insistere invece sulla vicinanza tra poetiche elettroniche e utopie cinematografiche è una strategia per pensare la novità radicale della videoarte all’interno dell’arte contemporanea.
In particolare vengono individuati alcuni momenti di dialogo intenso del cinema con l’arte del video: il cinema utopistico e visionario delle avanguardie, il cinema sperimentale e underground degli anni sessanta e settanta . E emergono alcuni temi centrali comuni: l’antinarratività, la visionarietà, la poetica degli effetti speciali, la composizione interna allo schermo, il superamento della visione frontale e passiva, il ripensamento della condizione spettatoriale. Spesso si ha l’impressione che Sandra Lischi si limiti ad indicare analogie, somiglianze, comunanze circoscritte. E’ di nuovo -ci pare- una strategia retorica per mantenere la questione aperta, in movimento, e una strategia di indagine per stare in stretto contatto con la concretezza delle opere.
posizioni continuiste (Youngblood) o separatiste (Amaducci). E’ un cristallo di pensiero e di immagini che si intrecciano nella memoria, generato dalla linea ideale che unisce Dziga Vertov e Gianni Toti, per pensare insieme il video e il cinema, in un modo inedito, anche se al centro costantemente delle ricerche di Sandra Lischi. Il centro di questo cristallo è la teoria vertoviana del cine-occhio, “microscopio e telescopio del
tempo”, che emerge come spunto e scintilla per pensare una continuità tra cinema e video pur nella cesura, e più profondamente una continuità provocata dalla cesura. Vertov quindi e non tanto Ejzenstejn, perché le teorie del montaggio anche interno all’inquadratura rimangono ancora troppo cinematografiche, legate comunque alla nozione di montaggio. L’arte del video è l’oltre del cinema e il cinema dell’oltre, un cinema altro, un cinema “mai nato”. L’arte del video è ricerca perenne di un oltre, estetico e politico insieme.
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