Sono di Salvatore Settis, storico dell’arte antica e moderna, avvezzo a individuare memorie dell’antico nel decorso dell’arte italiana, queste “incursioni” sulle sedimentazioni storiche nell’arte contemporanea, preziose molto più di quanto forse lo stesso autore possa immaginare. Un balsamo, questo libro, lezione di metodo sottesa da chiarità d’intenti, e non solo per chi come noi, navigando nel mondo “militante” dell’arte contemporanea e dei curatori dipendenti e indipendenti, vede progressivamente discendere la Storia (oltre che la grammatica e la sintassi) nel baratro della dimenticanza. Perché in effetti Incursioni. Arte contemporanea e tradizione può essere di grande utilità per tutti, se è vero che la collettiva tendenza a ignorare la storia, e il dilagare sociale dell’ “oggi senza ieri”, appaiono sempre più frutto, dal retrogusto politico, di un generale espansivo processo di ottundimento della mente e della coscienza.
Scrive Settis che ”l’onda d’urto dell’arte contemporanea, travolgendo regole, abitudini, pratiche consolidate, sembra aver innalzato un’impenetrabile barriera verso l’arte “antica”, comunque la si voglia definire. È come se questa drastica rottura con il passato dovesse necessariamente comportare un nuovo inizio, il divorzio definitivo dai tempi lunghi della storia in nome di un presente che sempre si rinnova, ma non sedimenta, non ha memoria, né accetta di farsi esso stesso “passato” con il trascorso degli anni:o è presente, o non è”. Da qui, le indagini su opere contemporanee, il cui senso pieno sfuggirebbe senza il dispiegamento di una genealogia formale e semantica, individuazione della tradizione, innestata da artisti consapevoli, o inconsapevoli, nel loro midollo vitale. È chiaro, così agendo, l’iconologo Settis genera ponti tra molteplici versanti culturali. E come non rammentare il “chi vorrà limitarsi al presente, all’attuale, l’attuale non lo comprenderà” di Jules Michelet, citato in Apologia della storia da Marc Bloch, che a sua volta scrive: ”L’incomprensione del presente nasce inevitabilmente dall’ignoranza del passato. Ma non è meno vano affaticarsi nel comprendere il passato, se non si sa niente del presente”. Tuttavia, è nel paragrafo “Messaggi in bottiglia” che l’autore di Incursioni indica il paesaggio culturale entro cui esse s’inverano.
È quello di Mnemosyne, che significa “Memoria”, l’Atlante della tradizione visuale europea, il progetto incompiuto cui Aby Warburg si dedicò negli ultimi due anni di vita, tra il 1928 e il 1929. Qui, Warburg concepisce una rete d’immagini della tradizione europea in rapporto dinamico, classificate in gruppi afferenti alle strutture formali e alle componenti espressive. Da qui soprattutto, e non solo, per Settis s’attivano sguardi e scrittura. Ed ecco gli alberi di Giuseppe Penone, che sono un soggetto “radicalmente nuovo eppure implicano una densità materica e una temporalità metaforica carica di storia”, che dalla scultura lignea greca ci conduce a Bernini, al gesto della sua mano, alla proiezione del sé. Ed ecco la pratica di Bill Viola, i suoi “conti con l’arte” del passato, per fare, con le attuali tecnologie, in realtà, “pittura”. Ed ecco il disegno e l’incisione che Renato Guttuso dedica alla morte dell’amico Neruda, forse assassinato dall’ennesimo tentativo americano di esportare la democrazia nel mondo, certo posizionato come il Marat di David, con il braccio abbandonato fuori dal bordo del letto, con la penna in mano, a ripercorrere la lunga storia di forme, di cortocircuiti visivi che dall’antichità a Caravaggio, a Guido Reni, fino ad Abel Gance e alla rock band Have a Nice Life scandiscono il cammino delle filiazioni, dei mutamenti, dei ritorni, delle empatie delle forme dell’arte…
Salvatore Settis
Incursioni
Arte contemporanea e tradizione
Milano, Feltrinelli 2020
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