In Viceversa. Il mondo visto di spalle, Eleonora Marangoni affronta con semplicità e chiarezza un’indagine relativa a soggetti ripresi di spalle, tema iconografico di frastagliata ed eterogenea complessità. E forse perché si occupa anche di consulenze di comunicazione, l’autrice riesce a fare ottima divulgazione e a raggiungere un pubblico vasto e composito. Scrittura scorrevole e a volte anche piacevolmente ingenua, un nevralgico ricco corredo d’immagini, impaginazione razionale e illuminante danno corpo a quest’utile itinerario in opere d’arte dall’antichità ai nostri giorni, a questo viatico per comprendere la realtà di pittori, fotografi, scrittori, che rappresentano uomini e donne guardanti davanti a sé, di schiena rispetto a chi li ritrae e dunque li guarda. Un tema, se si vuole, erogatore di paradigmi relativi anche all’attualità. Che avvenire avrebbero oggi i Bresson e i Doisneau, se è vero che fotografare frontalmente i volti delle persone in strada non è più possibile, per ipocrite leggi sulla privacy, in realtà soggetta a costante e preordinata politica erosione? Ma tornando a Viceversa, manca solo la scultura, in questo libro, probabilmente considerata una lingua esente da realizzazioni “di spalle”, eppure il bronzo Nudo di schiena di Arturo Martini potrebbe, chissà, aprire a ulteriori e sorprendenti considerazioni proprio su cosa sia oggi la “scultura”. Curioso, appena aperto questo libro, m’è venuto subito in mente un altro, amatissimo: Naufragio con spettatore, di Hans Blumenberg (nella mia edizione con Introduzione di Remo Bodei), che muove da una delle più antiche rappresentazioni poetiche pervenuteci, io credo, di un soggetto visto di spalle.
E’ nel secondo libro del De rerum natura di Lucrezio, che inizia così : “Bello, quando sul mare si scontrano i venti\ e la cupa vastità delle acque si turba,\ guardare da terra il naufragio lontano:\ non ti rallegra lo spettacolo dell’altrui rovina,\ma la distanza da una simile sorte”. Al sicuro sulla riva del mare, uno spettatore contempla un naufragio. Non concorre agli eventi, gode soltanto della visione che ha dinanzi. Ecco, di molteplici e articolate relazioni tra il mistero di uno sguardo che s’intuisce ma non appare, e lo sguardo di chi tale mistero rappresenta, si nutre Viceversa, con partecipata analisi che si fa strada da dentro le opere. E voglio citare due fotografie che sintetizzano bene questa dinamica relazionale, questa transumanza dello sguardo. Una è Capri (1981), di Luigi Ghirri, cui Eleonora Marangoni riserva nel corso del libro ampio e congruo spazio. L’altra è Voir la mer (2011) di Sophie Calle. Nella prima, due gemelli (forse) con madre e nonna (presumibilmente), guardano, ripresi di spalle, il mare isolano, e mentre madre e figli formano un nucleo compatto la donna più anziana è visibilmente discosta. Nella seconda una donna di Istanbul che non aveva mai visto il mare, ora lo guarda, procelloso e ventoso, mentre un’imbarcazione appare all’orizzonte. Poi si gira e mostra la faccia. Ed è disvelamento, epifania di una singolarità che affiora attraverso espressione, incarnato, direzione dello sguardo, linea delle labbra. Una persona di cui finalmente conosciamo il volto e intuiamo i sommovimenti interiori. Anche se, secondo Luigi Ghirri, “sempre e comunque” una persona fotografata “è una fotografia”.
Eleonora Marangoni
Viceversa. Il mondo visto di spalle
Johan§Levi Editore, 2020
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