Esistono ancora delle faglie nel reale che provocano vertigine, spaesamento, contrappunto? Intra-mondi contenuti nella banalità degli oggetti e dei luoghi quotidiani? A queste domande prova a rispondere Cristiano Berti (Torino, 1967) nella mostra, prima retrospettiva dell’artista, allestita all’interno della Mole Vanvitelliana.
Foto, video, installazioni, si pongono in relazione fertile con lo spazio espositivo, rivelando l’attenzione dell’artista per i “sotterranei” della realtà. Nei lavori esposti, luoghi, oggetti, persone, vengono esplorati per farne emergere il “non visto”, il dimenticato, lasciando nello spettatore un residuo di mistero. C’è una ricerca, un filo conduttore che getta lo sguardo sui margini della realtà, per riportarli al centro senza omologarli o appiattirli, ma restituendone la complessità. Ne è un esempio Memorial, in cui lo spettatore si trova di fronte a una serie di foto di squarci suburbani della provincia torinese; “vuoti” marginali del paesaggio che diventano vivi, quando chi guarda scopre che in ognuno di quegli anonimi punti furono uccise diciannove prostitute, tra il 1993 e il 2001. Ma non c’è né pietismo, né afflato morale, piuttosto restituzione di un rimosso.
Delicati e profondi appaiono Lety e Happy. In entrambi è il corpo ad essere ri-velato e ri-velatore.
L’opera Lety è composta da quattro foto, un video e una traccia sonora trascritta con le battute di Ferko e Martinka (musicisti rom incontrati dall’artista in Slovacchia). Il video documenta un viaggio in cui i protagonisti si rivelano, aprono lo sguardo dello spettatore a un ritmo imprevisto; la destinazione provoca un ulteriore balzo: Lety, luogo del campo di concentramento Rom, al confine con la Repubblica Ceca, attuale sede di un’ azienda di allevamento industriale di maiali. La voce e il racconto di Martinka e Ferko intrecciano una fisicità dolorosa con la menomazione della memoria storica e culturale di un popolo.
Quasi “nudo” è, infine, il lavoro Happy: ritratto acustico, opera senza corpo fatta di voce e parole, in cui è proprio il corpo di una donna nigeriana che vive in Italia ad essere soggetto di una storia stratificata, fatta di segni sulla pelle. Qui lo sguardo dell’artista si fa minimo, particolare. Nelle molteplici infiltrazioni tra paesaggio e corpo, tra orizzonte storico-culturale e storia personale, il lavoro di Berti mira a coinvolgere lo spettatore in una profondità plurale della realtà, per acquisire più occhi e più sensi.
maira marzioni
mostra visitata il 25 febbraio 2012
dal 18 febbraio al 1 aprile 2012
Cristiano Berti – Vertigine del Reale
a cura di Gabriele Tinti
Mole Vanvitelliana
Banchina Giovanni Da Chio 28 (60100) Ancona
Orario: da giovedì a domenica, ore 15.30-19.30
Ingresso libero e accessibile al pubblico non-vedente grazie alla collaborazione col Museo Omero
Catalogo Umberto Allemandi & C. editore, con testo critico di Luigi Fassi
Info: +39 0712225011 –vertiginedelreale@fuorizona.org– www.fuorizona.org
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