La sorpresa che mi attendeva al mio arrivo mi è immediatamente apparsa come una inaspettata quanto calzante metafora della poetica dei artisti che stavo per incontrare…
Leggerezza e gioco, poesia e intimità sono pensieri e sentimenti che mi hanno accompagnata fin nelle sale espositive dove anche l’allestimento risulta curato secondo tale sensibilità; estratti delle biografie o dei diari intimi dei protagonisti sono, infatti, proiettate sul pavimento e sulle pareti a sottolineare il filone della immaterialità unita all’intenso intimismo, temi portanti della mostra; accorgimento che comunque non riesce a eliminare del tutto il senso di mancanza d’aria e una debolezza della luce che sembra costringere le opere.
Siamo all’alba del Novecento si è appena materializzato per tutti il sogno della velocità, del volo, il desiderio di liberarsi dalla gravità che ci lega alla terra. Non è quindi un caso – come scrive la curatrice Marisa Vescovo – che l’arte e la letteratura si siano popolate di presenze angeliche, di uno strano bestiario, di esseri in metamorfosi, che stanno al di là della realtà, e si muovono verso una nuova spiritualità verso la quale sembrano chiamarci.
Centro propulsore di questo nuovo sentire è Parigi, che vede lavorare, primo fra tutti Chagall, e poi Mirò, Max Ernst, Paul Klee, Jean Arp, Yves Tanguy, Alberto Savinio e tra essi, fin dal 1917, anche Osvaldo Licini, che ha saputo capire quanto di “diverso” vi era nelle tele degli amici/maestri.
I 70 quadri in mostra riescono effettivamente a trasmetterci l’internazionalità e la magia di questo periodo che inizia con la libera gioia di uno Chagall che “butta” sulla tela fiori, capre, mucche e violini riuscendo a farli volare grazie ad una pittura vibrante e colori catalizzanti come il blu, il rosso e l’arancio, ma soprattutto riuscendo a non far mai trapelare il tecnicismo che c’è dietro. Anche per Licini sono i colori splendidi come il rosso cinabro e il giallo canarino delle sue “Amalassunte” a tradire una formazione parigina nonché la presenza di angeli che però nel suo immagniario diventano “ribelli” ponendosi su una linea d’orizzonte di sapore quasi leopardiano. Si prosegue poi nelle sezioni dedicate agli altri protagonisti passando vicino alle biografie visivo-musicali di Paul Klee, che come Licini opera l’inserimento di segni grafici quali numeri e lettere. Il racconto cromatico e segnico continua con Mirò, con la sua giocosità perenne come un allegro sottofondo che accompagna la vita e per finire alcune opere di Tanguy che sembrano auspicare …“Che il sogno continui anche da svegli!”
Finale “a sorpresa” ma assolutamente pertinente con una scultura di Fausto Melotti dal titolo “L’Ariete” che anche se successiva interpreta perfettamente l’atmosfera della mostra con una scultura d’ottone, rame e nastri di cotone: un tutt’uno con l’aria intorno che la anima, come a ribadire matericamente la forza della leggerezza che i suoi maestri gli avevano svelato.
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Annalisa Trasatti
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Premetto di non aver visto la mostra,ma il quadro di Chagall,pubblicato nell'articolo,correggetemi se sbaglio,non mi sembra del primo novecento bensì piuttosto degli ultimi 10 o 15 anni della vita dell'artista. Il primo periodo parigino dell'artista mi pareva avesse come caratteristica un segno più netto e colori più marcati.Rilevo anche la mancanza di un'artista che ,secondo il mio parere, merita di essere,tanto più in una mostra che si svolge in Italia,ricordata e fatta conoscere maggiormente:mi riferisco a Leonor Fini.
Lanciato il sasso aspetto le onde.
Caro Andan, il tuo intuito non ha fallito si tratta di "La couple au dessus de S. Paul" del 1968. A quest'epoca appartengonotutto il nucleo delle opere di chagall in mostra..
Il mio riferimento era all'alba del movimento che poi attraverso le 2 guerre mondiali si è evoluto con differenti esiti, senza però perdere la matrice comune.
Per quanto riguarda la scelta degli artisti in mostra ti rimando alla curatrice ...