Secondo appuntamento della stagione espositiva della galleria di Mondolfo, la personale di
Luca Caimmi (Fano, 1978) invade lo spazio secondo un’ottica installativa. Le sculture in ceramica, disposte su cubi bianchi sovrapposti, si costituiscono nell’ambiente quali punti d’attenzione. Il rapporto cromatico d’estrema sobrietà, impostato tra il bianco e l’argento, crea un dialogo fra l’ambiente e lo spettatore. L’esecuzione di un intervento pittorico direttamente sulla parete, che fa da sfondo alla struttura espositiva, instaura costanti rimandi, potenziando l’espressione formale delle opere. Una delicata tonalità di azzurro, che ritorna nell’unica tela esposta, fa in questo modo il suo ingresso nello spazio, uniformandolo. A bilanciare questa presenza cromatica, i disegni a china su carta che scandiscono ritmicamente l’ambiente con il loro bianco-nero.
Una mostra che conferma l’intenzione, già espressa nell’evento d’apertura, di dare spazio ai giovani artisti. La Galleria Pu-Rì ha infatti iniziato la propria attività all’insegna della fotografia con la collettiva
Nevralgie, dove sono state accostate figure storicizzate, quali
Mario Giacomelli e
Nobuyoshi Araki, a emergenti come
Domenico Buzzetti,
Tiziana Contino,
Veronica Dell’Agostino e
Barbara Nati.
La personale di Luca Caimmi amplia il campo d’indagine. Nella sua ricerca si trovano a convivere l’immediatezza della cultura pop e il rigore della ceramica. Il fatto di utilizzare una materia organica, che attraverso la lavorazione manuale acquisisce un determinato aspetto, restituisce all’artista il ruolo di creatore. È lui che legittima la forma, trasformando il naturale in artificiale.
L’avvalersi della maiolica rende fasi significative la cottura e la colorazione della scultura, oltre a potenziare il significato delle forme utilizzate. In questo contesto, la ripresa della forma del vaso diventa eloquente. Forma primaria, quella del contenitore, viene a caricarsi di un portato metafisico, accentuato dalla comparsa recente di tagli e buchi sulla superficie. Un lavoro attento, dove la gestualità non prevale mai sull’aspetto formale, ma convive con esso in perfetto equilibrio.
Nelle sue sculture compaiono forze opposte, in costante oscillazione tra l’organico e il razionale, tra il movimento e la staticità. Forme dinamiche a cui non è possibile assegnare un determinato aspetto, ma che manifestano una straordinaria capacità metamorfica. Attraverso di loro è come se l’artista volesse raccontare delle storie. Dai disegni ai dipinti fino ai volumi, le forme si ripetono costruendo un mondo, esprimendo un ruolo, come se si trattasse di illustrazioni. Ogni immagine diviene necessaria, tanto da voler essere indagata attraverso linguaggi diversi, fino ad arrivare alla realizzazione plastica. Per tale ragione le sue opere si presentano come microcosmi, tutti da esplorare.