Si parla ormai da tempo della fuga dell’arte dai canali istituzionali che solitamente la ospitano. Da raffinata moda newyorchese questa consuetudine diventa prassi anche in Europa e dalle grandi città si sposta verso la provincia. In questo contesto si inserisce il lavoro di Omar Toni e Silvia Caringi, che progettando l’LFO, hanno creato un locale che ha lo scopo di incontrare la città, sia strutturalmente che concettualmente.
Un parallelepipedo di vetro e acciaio in cui ogni elemento richiama la dimensione urbana di una Pesaro cementificata da una parte e la natura del fiume Foglia dall’altra, diventa, quindi, la location ideale per
La poetica del giovane scultore pesarese si fonda sulla rappresentazione dei sentimenti attraverso opere forti, in cui i materiali e lo stesso lavoro manuale acquistano significati simbolici estremamente importanti. La plasticità ed il movimento sono caratteristiche inscindibili dalla rappresentazione. Le figure filiformi, composte di cristalli che acquistano un valore quasi magico, si appropriano dello spazio circostante attraverso una fortissima espressività dei gesti. La rappresentazione si rivolge alla gamma dei sentimenti che si snoda attraverso un percorso fatto di mille sfumature dal senso estremo del tragico ad un più positivo orgoglio. La mitologia, fonte privilegiata d’ispirazione, diventa il pretesto per una rappresentazione dell’umanità che tenta di riappropriarsi di una condizione perduta di felicità.
Quelle di Dall’Osso sono rappresentazioni della fragilità e della mutevolezza, elementi che si insinuano nei materiali e nella presentazione stessa delle opere. Ad esempio ciò che colpisce di più in questa mostra sono le enormi figure sospese alla struttura esterna del locale visibili attraverso il lungo vetro perimetrale. La vetroresina ed il ferro piegato danno vita a corpi leggerissimi in balìa degli agenti atmosferici, dell’ossidazione, del cambiamento strutturale della materia.
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