Allarme. C’è chi aspetta al varco. Per scassinare da dentro placide sicurezze, sovvertire l’usuale lieto fine, manomettere le apparenze, contraddire con un paradosso, scardinare sorprendendo. Senza scampo condannati a ridere: attratti da sembianze da cartoon, da marchi rassicuranti che abitano l’immaginario collettivo. Con un sorriso sardonico, scoperte le fragilità e le piccinerie umane.
Per
Francesco Diotallevi (Senigallia, Ancona, 1971) l’umana vulnerabilità, la meschinità di tutti, l’imperfezione atavica hanno l’inconsistenza e la bidimensionalità di un fumetto. Essenzialmente disadorno, con la leggerezza del cartone e l’imperfezione sproporzionata del burattino che abita luoghi senza riferimento o fondi vuoti. Folgoranti e irriverenti scene di malignità quotidiana, come lampi di luce su gatti e topi ugualmente spiaccicati da un medesimo destino livellante, su un minuscolo caso sovrano che sbigottisce accadendo, su un male piccolo piccolo, cinico, armato, che brandisce un coltello da macellaio o una pistola rosa a tre colpi, sulla consapevolezza microscopica dell’omuncolo e della sua imperfezione cronica.
Siamo tubi digerenti, cuore e ossa, precari per sorte, inconsistenti e transitori per genetica necessità. Resta solo un omino attonito, senza parole e surreale, dagli occhi vuoti, crudele per disperazione, immorale perché sa che il cielo è vuoto e non c’è castigo né legge né un bel finale confortante. Banale fino alle lacrime, come chi sta tra il riso e il pianto. Come chi sa di appartenere alla sconfitta. Ma con caustica ironia.
Il paradosso è l’arma deflagrante dei prodotti di
Rita Soccio (Pescara, 1971). Il lavoro dell’artista è un processo camaleontico, multiforme e plurilinguistico, che gioca con la falsificazione, la contraffazione, come tendendo una trappola all’immaginario pop contemporaneo. Che sa di pubblicità, ne è occupato fino a smaterializzare l’oggetto e a riconoscere solo il logo. È escogitata una campagna pubblicitaria da manuale, sapiente di tutte le astuzie del mercato: dall’ostensione alla presentazione e legittimazione dei nuovi prodotti, alla promozione, alla vendita nel tempio del consumismo, il centro commerciale. Fotografia, performance, cortometraggio. I marchi vivono improvvisamente vita autonoma, liberati dal prodotto, decontestualizzati e poi connessi in esistenze da
mall.
Diventa pensabile e credibile una relazione amorosa della casalinga del marchio Star e Mastrolindo, che smettono i loro prodotti in totale anarchia ma sanno di potersi incontrare solo in un prodotto nuovo, la tisana Love. Il capitano del tonno promuove una crociera, il bell’addormentato del materasso vuole mollare la moda, l’omino grasso di certe gomme di automobile combatte la sua personale crociata contro il grasso.
Dannati a vita ai consigli per gli acquisti. Il delitto è perfetto, la trappola scatta inesorabilmente: il consumatore acquista, senza tentennamenti. Ipnotizzato tanto da non pensare. Pensiamoci, ma con ironia.