L’Associazione
Artemisia, in collaborazione con l’assessorato ai Beni Culturali della Regione
Marche, accende i riflettori su un artista che, benché relativamente giovane, è
stato protagonista di mostre di rilievo internazionale e si è già reso autore d’importanti
opere d’arte pubblica e arredo urbano.
Ormai
profondamente radicato nel territorio collinare marchigiano,
Eric Gallmetzer (Bolzano, 1967; vive a Cingoli,
Macerata) sembra aver saputo conservare lo spirito più autentico della cultura
desunta dal proprio territorio d’appartenenza, coniugandolo con le emozioni dei
luoghi in cui ha scelto di vivere.
La sua
arte rivela infatti, nelle opere dell’ultimo periodo presenti in mostra, una
capacità altamente espressiva di attingere a una vena di matrice palesemente
razionalistica. Ma ne stempera nondimeno l’austerità dei rigori geometrici con la
realizzazione di forme che sembrano volersi animare nel palpito vibrante di una
vitalità interiore.
Il
percorso espositivo, oltre a due installazioni, è costituito dalla presenza di
quindici disegni che, pur essendo stati realizzati come prototipi per sculture,
assumono valenza di opere a sé stanti. E si configurano come tappe di una
ricerca formale in cui la solidità e l’essenzialità dei volumi risultano
permeabili alla sensibilità dei valori esistenziali.
Da qui
prende le mosse il rovello di una creatività che, pur essendo attenta
all’applicazione dei modelli archetipici, mostra di volersi confrontare con i
duri risvolti della realtà, ben evidenziati dagli inserti cromatici e materici
che erompono come rivoli di sangue dalle pieghe del legno grezzo. Travalicando
limiti e distinzioni fra i materiali, operati con colori e luci della natura
vissuta come metamorfosi, i corpi recuperano impensabili fattezze umane, in una
rigenerazione corporale che passa attraverso una sorta di mistica del pensiero.
Debitore
di suggestioni riconducibili al pensiero platonico e pitagorico, il percorso
creativo dello scultore e designer altoatesino tende dunque, in ultima istanza,
alla definizione della condizione umana.
E,
nell’avanzare la sua problematica proposta artistica, si lascia forse prendere
la mano in maniera eccessiva dai toni robusti di una provocazione culturale: la
realizzazione scultorea di un sarcofago che diviene raffigurazione simbolica
del destino dell’uomo, in un estremo tentativo di sintesi. La focalizzazione sulla
forma ovoidale, cronologicamente ultimo suo ambito di ricerca, allude in
maniera del tutto palese al cranio umano, come parte recisa di un corpo
finalmente sgravato dal fardello ottenebrante della ragione.