I colori e le scene di
Damir Niksic sanno quasi di immagini trompe lâĹil, perfette per le pareti di un boudoir dâinizio secolo. Ma quando lo sguardo si fa piĂš attento, si scopre un universo denso di significanti simbolici e riferimenti allâesistenza contingente, politica e culturale, profondamente radicati nella tradizione e veicolati attraverso la multimedialitĂ come in un divertente esercizio stilistico denso di pathos. Al centro, un disincantato ritratto delle debolezze umane intriso di unâironia senza condanna. Quasi una sorta di umorismo pirandelliano.
Lâartista bosniaco ha giĂ collaborato con la galleria pescarese nel 2005, epoca in cui venne a conoscenza di una storiella popolare che narrava del rapimento di una fanciulla di Francavilla al Mare nel 1600 a opera dei mercenari bosniaci al soldo del temibile Saladino. Ă interessante la forma stilistica con cui lâartista delinea i tratti della protagonista della vicenda, dal viso delicato e il corpo commosso su forme alla
Tamara de Lempicka e plasticitĂ di picassiana memoria, a testimoniare numerose contaminazioni artistico-culturali. Lâatto del rapimento è rappresentato con brutalitĂ affettata, come nelle illustrazioni dei poemi epici cavallereschi. Il risultato è di forte impatto scenico, giocato sui colori accesi, gli accostamenti volutamente ridondanti, lâesasperazione delle linee e delle forme, il tratto pesante sulla drammaticitĂ degli eventi che si trasformano in succulenti sguardi sulla realtĂ attuale, sugli eventi mediatici e politici.
Nel primo tableau possiamo riconoscere lo stesso artista nei panni di un noto candidato alla Casa Bianca che ordina rapimenti e saccheggi sotto il fregio di unâargutissima rivisitazione della bandiera americana. Come in gran parte delle opere di Niksic, è lâironia a giocare il ruolo di protagonista, amara e dolce consolazione dalle debolezze dellâanimo umano e dalle difficoltĂ dâintegrazione fra cultura orientale e occidentale, punto di snodo di una poetica profondamente proiettata al di lĂ dellâimmagine e della forma, in un affascinante territorio dellâirrealtĂ , in cui la preda conquista il condottiero e nello stesso tempo si sottomette a esso.
La cultura popolare nutre abbondantemente questa personale, ma viene completamente forgiata sulle linee della sperimentazione, attinge dai grandi maestri, dagli stereotipi del cinema dei kolossal anni â50 di un surreale Tyrone Power e dalla delicata oscenitĂ di produzioni hard core bosniache. Una imperdibile occasione di tragi-comicitĂ riflessiva, piacevole intersezione di cultura alta e folclore, che trasmette lâimpressione di essere intimamente partecipata anche se lontana dalle precedenti opere dellâartista per lâutilizzo del medium pittorico.
Opere realizzate direttamente in loco e allestimento di piacevole fattura evocano un particolare tipo di fucina dellâarte, che qualcuno potrebbe azzardarsi ad accostare a una certa Factory.