Ci fossero ancora dubbi al riguardo, basta dare un rapido sguardo alle opere esposte alla mostra
Impossible World!, inserita nella più ampia rassegna di eventi intitolata
Pop up!, per capire che l’arte pop non solo è “up”, ma è viva, vitale e soprattutto è, come sempre, tra le pieghe della nostra società, ironica e disincantata lettrice di una contemporaneità sempre più multiforme.
Alla Mole di Ancona si conclude il lungo e articolato progetto culturale che per una stagione ha proiettato la città in un vivace turbinio di eventi e manifestazioni d’arte contemporanea. Risvegliato dal consueto assopimento culturale, il capoluogo marchigiano ha ospitato appuntamenti e performance artistiche che vedono nella mostra
Impossibile World! l’evento conclusivo.Quattro sono gli artisti proposti, tutti degni dei migliori circuiti espositivi internazionali e tutti interpreti di un nuovo concetto di
popular, che si nutre di fumetti, fanzine e dell’immaginario visionario tratto dalla cultura underground. Perché se la Pop Art degli anni ‘60 elevava gli oggetti della quotidianità a icone dell’arte e del consumismo, oggi l’eccesso di immagini, di miti e l’incessante tendenza a un protagonismo esasperante determina un’arte che ridicolizza non più l’oggetto, ma l’uomo stesso.
Così, nelle opere di
Marcel Dzama, in cui la tecnica illustrativa giocata su smorzate tinte acquerello dalle sembianza fumettistiche solo apparentemente innocue, si rende ancor più forte l’impatto emotivo con una realtà crudele. L’artista ci mostra con cinica semplicità il volto animalesco dell’uomo, di cui i fatti di cronaca sono quotidiana testimonianza. Anche
Raymond Pettibon, artista statunitense capace di cogliere con affascinante stile narrativo i contrasti della subcultura americana, utilizza un linguaggio vicino al fumetto con sfumature noir da cinema alternativo. Le sue opere rappresentano scene di vita ugualmente feroce, allucinate realtà delineate con intenso bianco e nero, per dare voce a una spietata, a tratti poetica satira sociale.
Si tratta invece di un universo immaginifico quello ricreato attraverso un paziente lavoro di assemblaggi e collage da
Shiri Mordechay, che manipola tanto la carta e la figurazione quanto lo spettatore, rapito dai dettagli e incapace di riemergere dal voyeurismo di una visione fiabesca ma perversa. Il disegno accattivante che si trasforma in deformazione e la consistenza quasi scultorea dell’opera convivono con un’evidente complessità di concetti abilmente intrecciati. Mentre, nelle opere di
Arlen Austin, il surreale mistero d’immagini inquietanti crea una rappresentazione quasi da genere fantasy, racchiudendo in essa complessi significati più evidenti nei lavori video.
Chiudono la mostra una serie di testimonianze filmate di writing & street art, esemplificazione di quella creatività fremente e vitale generata da una cultura non più solo sotterranea e nascosta, ma sempre più vicina alla vita reale e quindi fondamento della nuova arte pop.
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Non capisco come si riescano sempre ad organizzare brutte mostre ad Ancona .
Vai nei paesini della Romagna o in Toscana e vedi mostre meravigliose .
Sarà perché nelle marche si fa sempre lavorare solo l' amico di turno e non il vero professionista ?