Sconcertante la sensazione di vuoto che si prova entrando alla galleria Marconi. Il corpo sembra diventare arido e pesante; e, come se fosse trascinato, viene travolto da una vorticosa corrente. Un viaggio dentro sé stessi, dentro l’uomo. Alle pareti solo tele bianche, che costituiscono il campo d’azione di goffi e irriverenti personaggi. Creature affiorate alla mente di
Maicol e Mirco (Michele Rocchetti, San Benedetto del Tronto, 1978; Mirko Petrelli, San Benedetto del Tronto, 1977) che, con le loro mani, in un unico gesto, le rendono visibili. In tal modo osserviamo pratiche spietate e crudeli, in cui un soggetto si autofagocita e permette di guardargli dentro. I due artisti operano dissezioni davanti ai nostri occhi e rendono visibili gli organi interni. Nessuna pietà per ciò che abbiamo di fronte. È l’uomo contemporaneo che si uccide ogni giorno di più, per via della sua stessa, assurda ferocia. Ogni gesto e atto compiuto, dal suicidio all’omicidio all’autocannibalismo, suonano in senso simbolico. Non si narra una vicenda specifica, che abbia uno svolgimento e una fine. Ciò che viene rappresentato è uno stato permanente. È questo che crea il vortice inarrestabile, semanticamente inspiegabile. Personaggi disumani, tratteggiati con uno spesso segno nero. Null’altro è sulla tela. Stampate con un procedimento digitale, queste opere mantengono tutta l’immediatezza e la forza del disegno tracciato su carta tipico del fumetto. Un genere, d’altronde, nel quale i due artisti sono autori affermati.
Pochi pezzi ma incisivi, che hanno il loro ideale perno nell’opera che dà il titolo alla mostra. Collocata al centro della parete,
Stop, please! è l’unica ha possedere un titolo, oltre ad avere dimensioni maggiori delle altre. Più articolata e complessa, grazie al contributo della parola presenta il contenuto della mostra. Tutt’intorno trovano spazio gli altri pezzi, composti con la medesima sintesi di segno e colore. Una scelta attenta, che ha portato alla rarefazione degli elementi, lasciando come unica nota spietata l’uso del colore rosso. I soggetti, malvagi e antieroici, diventano protagonisti dello spazio bianco in cui sono collocati, senza riferimenti spazio-temporali. Figure che sembrano provenire da uno stato di delirio, da un incubo, per la loro deformità e mostruosità. E così nessun ideale di perfezione, bellezza o bontà viene presentato; la realtà nuda è la sola protagonista, senza via di scampo.
A fianco delle tele, Maicol e Mirco collocano alcuni disegni. Affiggono la carta direttamente alla parete, senza un ordine preciso. Tracciati a matita, ossessivamente tornano gli stessi soggetti, in un costante confronto tra piccolo e grande, tra schizzo e definitivo, amplificandone il significato. In questo modo, lo spazio è trattato come fosse una pagina bianca e la carta come un muro. Il rapporto è il medesimo: di rapido utilizzo, d’immediatezza comunicativa.
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grandi maicol & mirco! è bello vedervi in galleria!