Nella seconda metà del XVIII secolo i lavori di Giovanni Battista Piranesi furono lo sguardo dell’ Europa sull’Italia e su Roma. Souvenir prediletti dagli intellettuali che visitavano il nostro paese nel corso del Grand Tour, le sue stampe hanno costruito l’immaginario dell’antichità romana praticamente in ogni angolo d’Europa.
Nei mesi scorsi quelle opere hanno ripreso a girare per il vecchio continente e dopo le esposizioni iberiche di La Coruña, Santander e Madrid, rieccole nella città che ne conserva un ricco patrimonio, Fermo. Dal Gabinetto delle Stampe e dei Disegni della locale Biblioteca arrivano circa i due terzi dei lavori esposti nella Chiesa del Carmine, che si completano con oltre trenta lavori di proprietà di collezionisti privati, uniti nell’intento di offrire un valido saggio dell’arte di questo veneziano che visse nella capitale papalina fin dal 1740.
Piranesi, da romano d’adozione qual’era, seppe esprimere l’importanza della romanità classica senza ridurla mai a semplice citazione dell’antico, ma raffigurandola partendo dalla convinzione della sua autonomia e preminenza rispetto ad ogni altra epoca ed arte e ponendo a disposizione di questa consapevolezza la sua formazione di scenografo e architetto. Prediligeva la tecnica dell’acquaforte senza ritenerlo un passo indietro
Se è dunque un convinto sostenitore del ricorso all’antico, Piranesi non rinuncia ad una forte spinta inventiva precedendo anche il neoclassicismo più maturo tramite l’eclettico ricorso agli stilemi antichi. Se ne trovano dei chiari esempi nei Diversi modi d’adornare cammini o nella serie Vasi candelabri cippi…, che spaziano dall’Egitto alla tarda romanità.
Ma è nelle raffigurazioni di edifici romani (e Piranesi le studiò e rappresentò anche fuori dalla città eterna) che la coscienza, prima ancora che la conoscenza, dell’antico si esprime compiutamente. Le sue incisioni dedicate alle Antichità romane grazie ad una tecnica prospettica capace di dare unità anche a vedute d’invenzione (come quelle del Colosseo o di Piazza del Popolo) vanno oltre la semplice resa vedutistica -esperienza non certo ignota all’artista veneziano- per esprimere tramite l’eloquenza e il rigore dell’insieme, quello stupore consapevole che è cifra ricorrente della sua intera opera.
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