10 aprile 2007

fino al 25.IV.2007 L’Arte Italiana del XX secolo attraverso i grandi marchigiani Ancona, Mole Vanvitelliana

 
A pensarci bene è proprio vero. L’apporto delle Marche all’arte contemporanea italiana è ben maggiore di quanto non si potesse aspettare da una piccola regione. Qualche nome? Da Scipione a Licini, da Cagli ad Uncini, da De Dominicis a Cucchi. E ancora Sasso, Pomodoro, Fazzini, Mattiacci. Incredibile, no?

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Trentacinque artisti marchigiani. Nomi più o meno noti dell’arte italiana del XX secolo. Ma soprattutto, trentacinque artisti legati alla terra marchigiana, per origine o per aver vissuto tra le ampie distese di colline e campi coltivati, dove l’infinito leopardiano è da sempre implicito elemento del panorama e della sensibilità locale.
Dopo essersi fatta ambasciatrice dell’arte italiana in Russia, l’esposizione, ideata da Armando Ginesi e realizzata in collaborazione con l’Associazione Marche-Russia, giunge ad Ancona facendosi testimone non più solo dell’arte del Ventesimo secolo in Italia, ma del contributo del territorio marchigiano al più ampio panorama artistico nazionale.
Con uno sguardo ampio, che ripercorre cronologicamente la storia dell’arte italiana, la mostra parte dagli ultimi echi del Liberty di Adolfo De Carolis, attraversando il complesso e vario linguaggio dell’Espressionismo che trova interpreti più o meno convenzionali in Corrado Cagli o nei paesaggi urbani di Orfeo Tamburi. Mentre alcune opere grafiche di Gino Bonichi, meglio conosciuto come Scipione, anticipano con tratti di inconfondibile visionarietà quella che sarà la Scuola Romana. Echi del movimento futurista si colgono nella tela con Motociclista (1929) di Ivo Pannaggi, mentre la pittura del ritorno all’ordine di Anselmo Bucci si contrappone al più noto l’astrattismo lirico di Osvaldo Licini.
Un ampio spazio della mostra è poi riservato ad opere scultoree di artisti che hanno eletto le materie prime a principale strumento espressivo, quasi a ricordare il lavoro manuale della tradizione agricola, che deve combattere con gli elementi piegando e plasmando la natura alle esigenze dell’uomo. Ecco quindi le sculture di Pericle Fazzini la cui materia sembra disciogliersi di fronte all’intensità emotiva dei soggetti rappresentati; le sculture monolitiche di Giuseppe Uncini, che predilige materiali industriali, come anche Eliseo Mattiacci o Arnaldo Pomodoro, interprete della modernità nello stesso tempo in cui recupera un lessico primigenio e sconosciuto.
Un
Veri capolavori d’immaginazione sono poi l’emozionante video Tentativo di volo (1970) di Gino De Domicis, o le tele di Enzo Cucchi, interprete fondamentale della Transavanguardia, che con opere come La dono (inizio anni ’90), dall’intensità poetica pari solo alla carica cromatica, consegna definitivamente la creatività marchigiana alla fama internazionale.
E se la videoarte è rappresentata anche dai tre bellissimi video di Mario Sasso La Ruota di Duchamp “Verso Ingres”; La Ruota di Duchamp “Verso Bacon”; La Ruota di Duchamp “Verso Hopper” (2002-03), desolante risulta invece la mancata presenza di un altro linguaggio fondamentale dell’arte, la fotografia, che pure nei territori marchigiani ha trovato uno dei suoi più eccellenti e indimenticabili interpreti in Mario Giacomelli.
La mostra è in effetti una gradita occasione per vedere (e rivedere), artisti e opere di notevole valore in una regione che si mostra quasi mai consapevole dell’elevata qualità della propria autoctona creatività. Secondo le parole del curatore, infatti, “la storia delle Marche, a partire dal Trecento, ha messo in luce questa peculiarità del territorio, di possedere un humus ambientale e spirituale particolarmente adatto al fiorire dell’ingegnosità creativa”. Tuttavia nel momento in cui essa stessa si dichiara intenzionata ad esporre i grandi marchigiani, sembra dimenticare tra questi, nomi e personalità dell’arte di tale importanza da rischiare che alla fine ciò che più colpisca sia proprio ciò che non c’è.

vanessa caprari
mostra visitata il 25 marzo 2007

*foto in alto: Mario Sasso, La Ruota di Duchamp “Verso Bacon”, 2002-03, proprietà dell’autore


L’Arte Italiana del XX secolo attraverso i grandi marchigiani
Mole Vanvitelliana, Banchina da Chio, zona porto, Ancona
A cura di: Armando Ginesi
Promossa da: Regione Marche, Comune di Ancona, Associazione Marche-Russia. Con la collaborazione dell’Ambasciata d’Italia nella Federazione Russa e dell’Ambasciata della Federazione Russa in Italia. Sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana.
Orario: mart/ven 16,30 – 20,00 (mattina su prenotazione); sabato e festivi 10,30-13,00/ 16,00- 20,00. Chiuso lunedì
Biglietti: int. 4 €, rid. 3 €, scuole e gruppi 2 €
Biglietteria, visite guidate e didattica: Artes Società Cooperativa
Info: 071/2225011


[exibart]

10 Commenti

  1. Pomodoro è di Santarcangelo di Romagna, è solo marchigiano adottivo.

    Mancano
    Trubbiani, Piattella, Bertini, Nanni Valentini Walter Valentini, Edgardo Mannucci etc etc…

  2. Io ho visitato la mostra e sinceramente le opere di Mannucci, Trubbiani, Walter (enormi) e Nanni Valentini ci sono e sono anche molto molto interessanti.
    Inoltre, sono presenti anche altri illustri marchigiani come Luigi ed Ubaldo Bartolini, Tozzi, D’Arcevia, Peschi, Ruggeri e Monachesi.
    Ed anche altri che non ricordo.

  3. Mancano anche il grande pittore Franco Petrucci, artista nato vicino a Visso nelle Marche, e l’artista Giorgio Cegna, inventore del centro Maestà.

  4. dino ferrari, non il fratello di enzo ma
    nato ad ascoli piceno
    presente a palazzo pitti, nella pinacoteca di ascoli piceno, autore di due palii della quintana e presente in numerose chiese dell’ascolano

    ecco chi

  5. OMAGGIO AL GRANDE PAVAROTTI
    ARTISTA DEL BEL CANTO ITALIANO FIGLIO DELA GENEROSA TERRA EMILIANA.

    di Lorenzo Bonini

    L’obiettivo di qualsiasi artista è la trasposizione della carica emotiva;
    il talento è il dono di comunicare quell’emozione, Pavarotti aveva quel dono generoso e lo elargiva, spartendolo con brividi tra le scapole, lo avvertivano provando piacere, sia gli intenditori che gli inesperti d’opera. Big Luciano quei brividi li seminò magnanimo in tutti i
    Teatri del mondo copiosamente.

    Figlio di quella terra prodiga, ricca di geni e artisti, con un solo strumento, la Voce, ha saputo incantare le platee del globo, portando come un ambasciatore sulla scena mondiale, la bandiera del nostro Bel Paese.

    Addio Luciano, tanti ringraziamenti per le emozioni versate dentro ognuno di noi, d’ora in poi senza di Te ci sentiremo come i Teatri abbandonati per sempre,laddove vibra ancora trepida, nel buio silenzio del proscenio,
    la tua Voce che intona spandedosi…Nessun dorma…

    Milano 07.09.07

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