Le luci della Pinacoteca Podesti di Ancona si accendono su un artista che appare dotato di una non comune capacità di percepire la dimensione ideale del visibile. E di trasporlo in un’altra dimensione, solo apparentemente ascrivibile alla realtà fisica e tangibile.
Paolo Icaro (Torino, 1936) è un esponente significativo dell’arte contemporanea italiana, la cui carriera è stata contrassegnata da preziosi riconoscimenti ottenuti in diversi ambiti internazionali. Il percorso espositivo di questa pur non ampia retrospettiva è costellato nondimeno da opere ascrivibili al suo intero repertorio, costituito da sculture, installazioni, performance e disegni. E se la scelta dei curatori risponde all’esigenza di offrire un profilo esauriente dell’artista, le opere che maggiormente catalizzano l’attenzione risultano le due steli in gesso esposte nella sala del Cinquecento veneziano.
Queste costituiscono l’approdo di un percorso espressivo che, pur avendo attraversato molte tecniche, non è mai venuto meno alla propria vocazione di ricerca, di dialogo, di confronto con l’arte antica. Potremmo definirle, senza tema di smentita, due testimonianze d’affetto che rendono omaggio all’arte di Lorenzo Lotto e Sebastiano del Piombo. Ma che, allo stesso tempo, sottolineano la pregevole unicità di un linguaggio plastico e la modernità di una poetica che pongono Icaro al di fuori degli schemi e delle convenzioni che attraversano l’arte contemporanea.
La scultura dunque non come fedele riproduzione di un modello, ma come estrapolazione emotiva, come forma d’espressione di un artista che si lascia incantare dalla suggestione cromatica di un particolarissimo pigmento blu presente nello splendido manto che avvolge la Madonna nella
Pala dell’Alabarda di
Lorenzo Lotto. Ne viene fuori una stele,
Lassù: per un blu K, capace di portare il luminoso conforto del colore in un’ambientazione di straniante freddezza.
La stessa situazione si ripropone allorché lo sguardo si posa sul
Ritratto di Francesco Arsilli dipinto da
Sebastiano del Piombo, per catturarvi l’ombra, elemento di alto valore concettuale, e trasporla nella stele
Ombra 90°, usando una cifra del tutto differente dal grande maestro del passato.
In entrambi i casi, Icaro dà spazio alla propria personale interpretazione di due opere di fondamentale valore, senza nessuna retorica, rivendicando uno spazio d’introspezione visionaria, che generare un’arte caratterizzata da purezza geometrica. Ma anche dal gusto elitario di chi, un giorno, ha creduto che la cultura fosse uno strumento per entrare nei disegni della realtà, spingendola avanti, e che non si è mai librato da questa convinzione.