Sono immagini che raccontano del biancore immenso della Campagna
emiliana, della
piccola giostra sulla spiaggia, d’inverno. Ogni volta, nell’ assenza dell’uomo,
a evocare l’esser-ci o il suo passaggio. È un coro di sinestesie, in un alone
leggero, che Elisabetta Sgarbi chiama Deserto rosa. E il suo film racconta il sogno
di Ghirri. Quello di creare una “casa delle stagioni, per la gioia di vedere
e di far vedere il senso delle cose”. Una fotografia “per scoprire e costruire immagini che siano
nuove possibilità di percezione”, come Ghirri amava ripetere agli studenti dell’Università
del Progetto.
Lui, che immortalò lo studio di Morandi, voleva
fotografare “il respiro della terra”. Quello universale. Lo stesso respiro che alita nel
paesaggio della campagna marchigiana raccontata da Mario Giacomelli (Senigallia, Ancona, 1925-2000).
Un artista che guarda la terra, che rilegge la realtà in bianco e nero: i
campi, gli alberi, la spiaggia. Con gli occhi di un intellettuale che affida il
suo messaggio a un espressionismo fotografico, sottolineato dai contrasti, dai
segni. Qualcosa che ricorda il lavoro grafico di Rouault.
“I segni.
Li potrei fare anche sulla carta, nel mare, ma sarebbero tutti voluti, quindi
tutti falsi. Il paesaggio è pieno di segni, di simboli, di ferite, di cose
nascoste”. Là
dove il nero è più nero, il bianco è più bianco, per un messaggio che assume
forza, pathos. E i segni sono quelli dell’aratro, dei sentieri, delle spighe di
grano, degli alberi, delle ombre. Sono Presa di coscienza della natura.
Un ciclo pregnante di
significato, di un fotografo non professionista per scelta, che usava la sua
fotocamera analogica come si usa “un cucchiaio per raccogliere la minestra
dal piatto”. Per raccontare lo
spazio, spesso visto dall’alto, e penetrare le cose con lo sguardo e con la
mente. La terra ora la vedi graffiata, altrove sembra un’isola deserta in un
mare fatto di terra. I segni, come una scrittura musicale e una casa, pare
costruita sulla Luna. Poi una scia di luce come una strada di solchi porosi,
che va incontro a un albero. Quasi un approdo, un’oasi per riposare la
stanchezza di un uomo che non c’è.
Quando due ombre umane
compaiono, nella serie Il mare dei miei ricordi,
sono quelle dell’autore e del figlio Simone. La spiaggia, come in un viaggio
della memoria, per fotografare “i suoi pensieri”, per dire: “Io sono nato piccolo e piccolo
resto, con idee piccole; non c’è bisogno di essere grandi”.
Ghirri a Napoli
mostra visitata il 3 luglio 2010
dal 3 luglio al 26 settembre 2010
Mario
Giacomelli / Luigi Ghirri – Paesaggi
a cura di Alessandra Mauro e Ludovico
Pratesi
Centro Arti Visive Pescheria
Corso XI
settembre, 184 – 61100 Pesaro (PU)
Orario: da martedì a domenica ore 10-12 e
17.30-19.30
Ingresso
libero
Catalogo
Silvana Editoriale
Info: tel. +39 0721387651; fax +39 0721387652; centroartivisive@comune.pesaro.ps.it; www.centroartivisivepescheria.it
[exibart]
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Ho visitato la mostra, con grandi aspettative. Malauguratamente ne sono uscito deluso. Trovo sia un lavoro disorganico e con foto che lasciano profondamente perplessi sopratutto per quanto riguarda Ghirri.
Ho sempre amato questi due autori e credo abbiano realizzato immagini interessanti, senza dubbio fatta salva qualche immagine di Giacomelli, per il resto le opere esposte non sono all'altezza della fama che questi due autori hanno raggiunto, più ho l'opportunità di studiare il lavoro dei grandi nomi della fotografia italiana è più vengo pervaso da un profondo senso di disorientamento perchè il quadro che mi si delinea è di una decorosa amatorialità ma non certo di valori assoluti nell'ambito della fotografia mondiale.