Tre grandi maestri dell’arte contemporanea, tutti nati nelle Marche, si confrontano. Alla galleria di Monja Ercoli, la mostra
Fuochi nella notte raccoglie alcune opere di Enzo Cucchi, Mario Giacomelli e Osvaldo Licini. Siamo sul litorale marchigiano, nel cuore di un territorio notoriamente decentrato e spesso tacciato della mancanza di una precisa identità.
Tuttavia, se non fosse sufficiente considerare il lavoro svolto in cinque anni di lungimirante attività dalla galleria, che sceglie di sostenere artisti marchigiani, basterebbe guardare le opere esposte. Gli scatti di Giacomelli e i lavori grafici di Cucchi e Licini non possono far altro che ricordare la ricchezza di una Regione capace di coltivare nel fertile humus del suo sostrato culturale esperienze artistiche di evidente rilevanza. Forse tutto è già stato detto. A partire da una certa impermeabilità delle Marche agli echi dell’arte contemporanea, che talvolta come tali in questa Regione sembrano giungere, fino all’innegabile straordinarietà dell’operato dei tre artisti considearti, uniti da un amore profondo e disperato per il proprio territorio.
Nelle foto di
Mario Giacomelli (Senigallia, Ancona, 1925-2000), i solchi tracciati nei campi, che trascolorano dal chiaro allo scuro, sono gli stessi scavati dal tempo sui volti ruvidi e induriti dal sole degli anziani contadini.
Dai paesaggi e dalle scene di vita provinciale, trasformati attraverso i celebri scatti in elementi quasi astratti, traspare lo sguardo benevolo di chi in quei luoghi ha vissuto, maturando la capacità di caricare il quotidiano di un valore universale.
Le visionarie rappresentazioni di
Enzo Cucchi (Morro d’Alba, Ancona, 1949; vive a Roma e Ancona), che nei disegni nulla perdono fuorché il colore, nascono anch’esse da tradizioni antiche radicate in una cultura contadina e lavoratrice, intensamente religiosa e non priva di profondissime contraddizioni. Sono quegli stessi paesaggi cantati dalle poesie di Leopardi, protagonista beffardo e curioso di un disegno, nonché fonte d’ispirazione per l’arte astratta di Licini.
Nascono così tracce fugaci, delineate con il linguaggio soave e leggero tipico di
Osvaldo Licini (Monte Vidon Corrado, Ascoli Piceno, 1894-1958). Malinconici segni di un astrattismo lirico con cui l’artista narra le notturne lune delle
Amalassunte o le fantastiche figure degli
Angeli Ribelli.
Ognuno dei tre artisti, insomma, intesse un dialogo intimo con il proprio tempo, con le proprie origini, rendendolo immagine con una forza espressiva che travalica qualunque confine territoriale. Perché se è reale e tangibile la carenza di istituzioni e organizzazioni che nella Regione favoriscano un dialogo sul versante contemporaneo dell’arte, è altrettanto certo che esiste qui una particolare sensibilità radicata nelle tradizioni, nella terra. Capace di dar vita a linguaggi artistici di respiro internazionale.