L’inutilità può essere una virtù. Spesso è proprio dalle attività inutili che traiamo piacere. Basti pensare al gioco. Che secondo Aristotele, al pari dell’arte, non viene praticato per necessità, ma genera gioia e virtù. È una finzione che simula azioni reali, è un metalinguaggio in cui avviene qualcosa che non è quello che sembra.
Le opere di
Luigi Carboni (Pesaro, 1957) conducono all’interno di questa logica ludica, attraverso una selezione di lavori, realizzati appositamente per questa mostra, in cui “
l’opera simula se stessa”, come scrive l’artista in catalogo. I grandi dipinti, che a distanza sembrano astratti, rivelano a una visione ravvicinata una precisa e dettagliata definizione figurativa, mentre l’uso del monocromo e la densità della decorazione rendono difficile poterne distinguere e riconoscere il soggetto.
Un bassorilievo continuo e fittissimo satura lo spazio della tela, un
horror vacui che si dispiega in maniera armonica e controllata. I dipinti di Carboni hanno la densità tattile delle stoffe preziose, percorsi da una minuziosa decorazione a rilievo. Sviluppati su una rigida struttura reticolare (
Giallo santo, 2008) o completati da elementi tridimensionali (
Nero ombrato, 2004-08;
Faccio sul serio, 2008;
Bianco ombrato, 2005;
L’occorrenza del ventaglio, 2008), rendono impossibile ogni distinzione tra figura e sfondo, affermandosi per le decise qualità materiche.
In questa mostra si resta dunque impigliati nell’incanto di una cura formale impeccabile, che ricerca la bella linea, l’armonia delle forme e l’equilibrio delle parti, per suscitare la contemplazione di un oggetto classicamente bello. Il senso del racconto resta misterioso e nascosto. Un cilindro trafitto da una spada, un dado con una faccia a nove punti, levigate sfere di vetro: sono dettagli di una narrazione che si serve di oggetti trovati, trasformati, mimetizzati per accrescere la suggestione del racconto e il potere affabulatorio delle immagini.
Nelle sculture, l’accostamento degli oggetti sembra dettato da una legge casuale. Pur non facendo mai venir meno l’attenzione per una composizione armoniosa ed elegante, l’artista trova una molteplicità di soluzioni espressive: evoca l’estetica del design (
Forme uniche, 2008;
Lieto fine, 2008), offre una giocosa apertura al colore (
Così come deve essere, 2008), crea pause di silenzio e atmosfere metafisiche (
Forme cresciute, 2008).
Gli spazi del Centro Arti Visive contribuiscono a creare la seduzione di una narrazione affascinante, diversificata e ludica, che procede per suggerimenti e suggestioni, e s’imprime principalmente per la gradevolezza estetica dei lavori, lasciando una sensazione di leggerezza. La decorazione, intesa da Carboni in senso etimologico come “
l’arte di impreziosire”, è al tempo stesso strumento e fine di una ricerca artistica che, attraverso l’introspezione, esprime il proprio ideale di bellezza.