Alberto Fiz e Walter Gasperoni si confrontano con la difficoltà di rendere evidente e tangibile lo straordinario dinamismo dei giovani artisti italiani, realizzando una collettiva ampia e articolata, caratterizzata dalla compresenza di elementi e tecniche eterogenee. La mostra lega i destini di artisti assai distanti per stile, provenienza e tecnica, senza perdere mai la rotta di un’armonica coesistenza, e ogni elemento trova il proprio posto andando ad arricchire l’insieme.
Riempiono il suggestivo spazio scenico della “fortezza sull’acqua”, progettata dal celebre architetto settecentesco, circa duecento opere realizzate da sessanta artisti giunti da tutto il Paese, tre per ogni regione, con tutti i principali linguaggi espressivi, dalla scultura alla pittura, dalla fotografia al video, dall’installazione al disegno.
Ma se la volontà dei curatori della rassegna è quella di aprire una riflessione sulle variegate sfaccettature delle declinazioni artistiche delle giovani generazioni, per fare emergere talenti privi di adeguata visibilità nei circuiti più riconosciuti, va detto che non sono molti i punti alti presenti in questa mostra. Né si scorgono affinità capaci di riprodurre una koiné autentica, poiché l’impressione che si ricava, osservando le opere, è che gli artisti abbiano un loro modo di rappresentare il proprio disagio.
Pur risultando accomunati proprio da una comune forma di disagio del metodo, liberano i freni inibitori della creatività facendo leva su una concezione personale dell’arte, senza lasciarsi sedurre dall’omologazione delle mode. Lo stile con cui riproducono l’incongruenza del mondo reale su quello virtuale non risente più dei toni ribelli delle avanguardie, ma riposa in un atteggiamento di composta ironia.
Mettendo in dialogo tra loro diverse dimensioni comunicative e presentando una molteplicità di piani di lettura stilistici, la mostra induce piuttosto a riflettere sulla strada attualmente percorsa dal mondo dell’arte. S’interroga sul suo destino nell’epoca di internet, sul suo sapersi adattare all’invasività delle immagini riprodotte dai nuovi mezzi di comunicazione e sul risultato del confronto tra pittura e fotografia. E le opere raccolte offrono il conforto di trovarci al cospetto di autori capaci di muoversi con consapevole disinvoltura nel nuovo processo visivo, forzando i materiali oltre i loro limiti.
Emblematiche, tra le opere in rassegna, l’olio su tela
Orango e il lambda print
Rewind della ravennate
Stefania Galegati, le stampe
Untouchable e
Tightrope Walzer del romano
Matteo Basilé, le sculture
Houdini e
Hack del veneto
Andrea Bianconi, le figure geometriche su tela del sardo
Alessio Onnis.
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cavolo Chiodi!! è tra i migliori ww il venetoooo
ma mi domando : come si puo fare una mostra, un pò punto di arrivo, un pò ricognizione generazionale, senza prima avere lavorato con gli artisti! senza essere andati in giro per gli atelier! Solo per sentito dire! Come si fa?
Bravi! a convincere le istituzioni! Brave le Istituzioni!!
... "pare" che, almeno per alcune regioni, si sia attinto alle vittorie e segnalazioni per il concorso di Pagine Bianche d'Autore, che è pur sempre un ottimo strumento di ricognizione e censimento dei giovani artisti sul territorio, anche e soprattutto lì dove mancano organizzazioni indigene specifiche a fare da catalizzatori... come lo scassatissimo GAI, per esempio.
VIva il Veneto? Bravi a giocare sempre in casa! Sempre a farvi gli affari vostri. Anche nei concorsi, i partecipanti paganti li si va a prenderli in tutto lo stivale però i finalisti quasi tutti del triveneto... e poi dicono ROma ladrona! Bah! :-/