Il foglio si stacca appena dalla parete attraverso la cornice, che assume la tonalità chiara del legno che la costituisce. Nessuna invadenza né forzatura, soltanto la necessità di delimitare una superficie. Una delicatezza che contraddistingue ogni scelta operata dall’artista islandese e che si ritrova anche nella decisione di costruire le cornici dei propri disegni con l’essenza di una pianta che cresce nella sua terra.
Margrét Haraldsdóttir Blöndal (Reykiavik, 1970), che presenta in mostra anche una serie di acquerelli, attraverso il disegno estrapola dettagli che potremmo definire marginali da fotografie scattate da lei stessa. Immagini parziali, incomplete, isolate, che trovano un proprio equilibrio nell’ordine che l’artista utilizza per disporle sulla parete. Entità individuali, che partecipano di una vasta complessità attraverso un collegamento sensibile. L’artista trasporta dal micro al macrocosmo mediante l’uso di un prodotto naturale, l’olio d’oliva. Nell’alone provocato dall’assorbimento della sostanza da parte del foglio, Blöndal interviene dipingendo con gli acquerelli, per dare un maggiore risalto ai colori. È come se le eccezionali qualità di questa sostanza passassero al disegno, creando una sorta di membrana che, se da una parte protegge come fosse una cellula, dall’altra collega agli altri elementi.
Inaugurata in concomitanza con la personale di
Madeleine Barkhemer,
Milly’s Warehouse, l’installazione
Luce + aria si trova all’interno della Project Room, un ambiente adiacente ma del tutto separato da quello della galleria. Uno spazio che si propone di ospitare idee dinamiche, presentate da giovani curatori e artisti con un’attenzione particolare per l’interdisciplinarità.
L’intervento di Blondal è nato da un progetto della curatrice Francesca Referza. Seguendo poi un’intenzione della galleria, la mostra si è anche trasformata, data la modalità d’approccio al lavoro, nella prima residenza d’artista della Warehouse. Assolutamente fondamentale, infatti, è la permanenza dell’artista nel posto in cui è invitata a realizzare un progetto. I suoi interventi minimi, instabili, precari, sono determinati in base allo spazio. Una percezione alla quale viene fatta seguire la conoscenza del contesto esterno, delle persone che abitano quel territorio.
Muovendo da un istinto viscerale, passionale, l’artista determina la scelta di oggetti d’uso quotidiano, ma senza l’ottica del riciclo. L’oggetto è presentato in quanto materiale, con una texture scelta in rapporto allo spazio, mantenendo inoltre il proprio portato semantico, legato all’utilizzo.
In tal modo, l’artista crea relazioni che modificano le dinamiche spazio-temporali esistenti nell’ambiente. In maniera intensa e poetica, Blöndal comunica tutta la fragilità e la transitorietà dell’esistenza.