Il titolo della mostra evoca
viaggi che sembrano non avere una
destinazione definita. E, in effetti, è un viaggio senza itinerario
preconfezionato quello compiuto da chi visita la mostra, a patto che si lasci trasportare
dalla curiosità di chi visita per la prima volta un paese straniero. La mostra
è inoltre la meta di un ideale pellegrinaggio compiuto da artisti under 35
provenienti da tutta Europa.
Scegliere opere realizzate da artisti accomunati, oltre
che dall’anagrafe, dalla medesima valuta, potrebbe far arricciare il naso ai
puristi convinti che l’arte non vada relegata negli angusti confini dei dettami
economici. La qualità e la godibilità dell’esposizione fanno tuttavia accantonare
i pregiudizi, in quanto essa rende pieno omaggio alla nuova funzione dell’arte
che, come ha spiegato Walter Gasperoni, “
intende tracciare vie piuttosto che
confini”.
Candidata ideale, dinanzi alla profonda lacuna lasciata
dalle ideologie politiche che hanno ispirato e fondato i movimento artistici
del XX secolo, a solcare i nuovi percorsi dell’arte potrebbe essere proprio la
geografia.
Con estrema disinvoltura l’esposizione accoglie linguaggi
eterogenei che si avvalgono di differenti piattaforme mediatiche.
Sculture, acquerelli, fotografie,
installazioni e video sono i mezzi con i quali l’artista odierno interpreta la
realtà.
Protagonista assoluto è proprio il reale che viene
immortalato, scomposto, analizzato, distrutto per essere però ogni volta
ricostruito. Per interrogare criticamente un presente contraddistinto da
incertezze e precarietà, l’artista contemporaneo non può comunque prescindere
dal potere dell’immagine che, fissa o in movimento, viene prima decostruita e
poi re-inventata per generare riflessione e poesia. Non prevale quindi la furia
iconoclasta fine a se stessa, ma piuttosto la volontà di ricreare nuove
immagini, nuovi mondi, nuove realtà.
Esemplare è il video del tedesco
Michael Sailstorfer, in cui una casa viene combusta
nel giro di due minuti trasformandosi però in altro, ovvero in energia; oppure
la tela lacerata di
Alexander Wolff, una sorta di moderno “Mondrian corrotto” intento a
esaltare la purezza della forma.
Proprio il ritorno all’opera sembra dunque essere
l’aspetto rivoluzionario dell’arte degli Anni Dieci, sempre meno nichilista e
sempre più intenzionata a servire una comunità ampia e globalizzata.
“
Considero gli artisti”, afferma Andrea Bruciati, “
quali
creature dotate di antenne sensibili in grado di recepire, prima di altri, le
tendenze della nostra società e della realtà che ci circonda”. Visitando la mostra si ha in
effetti l’impressione di trovarsi all’interno di una vera e propria fabbrica di
opere che gettano ponti tra le diverse culture pur partendo da background
tradizionali. Ci chiediamo allora se i giovani, ma già affermati, artisti
presenti in mostra, pur nella loro diversità, denotano alcune caratteristiche
tipiche del Paese di provenienza.
“
È curioso osservare come ogni artista, pur sfruttando i nuovi
supporti mediatici, è portatore della propria tradizione. Gli italiani ad
esempio”,
conclude Bruciati, “
si
contraddistinguono per l’estrema attenzione alla forma, gli scandinavi invece
dimostrano una maggiore inclinazione alla narrazione diaristica e alla video-art”.
Visualizza commenti
a parte l'allestimento, la mostra è veramente riuscita a dare uno spaccato del panorama europeo. Ancora complimenti!
sono d'accordo sull'allestimento mentre opere e artisti sono veramente di livello.
sembra una Biennale
Molto bella, ho scoperto alcuni artisti che non conoscevo: l'Accademia di Urbino è pro Mole
magari Bruciati tornasse in patria, almeno cambierebbero delle cose anche nelle Marche
..altro che Torino o Milano, è Ancona la nuova frontiera!