Intitolare una mostra Vitamina C ed allestirla presso i locali della Stamperia dell’Arancio di Grottammare, può sembrare un divertito gioco di parole, più che un intento estetico. E divertito è lo spirito con cui i responsabili del Centro Ricreativo L’isola che c’è di Grottammare hanno ideato questa occasione per esporre le opere di sei giovanissimi artisti che gravitano intorno al centro con l’intento di incentivare ed aiutare ad esprimere quanto essi hanno saputo produrre. Le esperienze degli artisti in mostra si muovono in direzioni non univoche, attraverso tecniche e percorsi personali, che se talvolta possono sembrare ancora acerbi -peccato lieve, considerata la giovanissima età di tutti- dimostrano invece maturità e serietà di intenti proprio perché capaci di percorrere cammini assolutamente personali.
A ben vedere è sicuramente ricorrente la ricerca intorno alla figura umana, cifra comune e centrale per quattro degli artisti. Onelia Capomagi esprime la propria ricerca attraverso la rappresentazione quasi fotografica di volti anziani. I lavori di Marta Capriotti nascono, invece, da elaborazioni fotografiche o videoriprese. In queste opere i corpi tendono ad indefinirsi sia per la manipolazione dell’immagine compiuta dall’autrice stessa, sia per l’azione del soggetto ritratto che –mai in stato di posa- sembra rifuggire dalla stasi che lo scatto fotografico vorrebbe imporgli. Faticano a restare entro gli ambiti del quadro anche i soggetti di Elisa Gattafoni, in bilico tra realismo del ritratto e scenari sghembi entro i quali essi si fissano inquieti dando quasi la sensazione di voler fuggire.
Di assoluto rilievo il Polmone d’acciaio di Maicol & Mirco, una performance documentata in questa sede dalle stampe fotografiche e dal video che pure rendono la cifra concettuale dell’opera: il confino fisico (soltanto?) di un ragazzo in un polmone d’acciaio all’interno di un contesto di festa, tra palloncini e bandierine colorate. Una dicotomia fra mente e corpo e tra quanto di essa possa permeare nella percezione degli invitati che diventano personaggi ridicolizzati nell’atto di regalare oggetti inutili al recluso. Scopertamente legata alla realtà dell’handicap l’opera (mezzo dunque comunicativo) parla dell’impossibilità di comprendere a pieno la condizione dell’altro.
L’attenzione alla figura si fa secondaria nei surreali scenari di Andrea Brandimarti il cui intento è cercare di cogliere l’inconscio fluire dei pensieri; la presenza materica forte e presente è data dai colori acrilici e sintetici che scandiscono questo frammentato mondo immaginario. Assente la persona invece nei box luminosi di Claudio Pirzo il cui soggetto (tre predatori: uno squalo un gatto una pianta carnivora) vuole essere puro impatto percettivo, colpo visivo per l’occhio dello spettatore.
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