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fino all’8.V.2010 Roberto Stelluti Fabriano (an), Museo della Carta e della Filigrana
marcheabruzzi
Come al microscopio, il paesaggio fabrianese indagato con minuzia scientifica. Il tempo si dilata fino all’esasperazione e lascia assorti a contemplare un trasparente mistero. Un’antica tecnica nel regno della carta...
Un tavolo inondato da un caldo sole agostano. Le venature
del legno si delineano nette e ruvide; due immobili e accartocciati girasoli
giacciono sul piano del tavolo, tra loro un ramarro. È un caldo afoso quello
che traspare da questa acquaforte, un calore mortifero, che congela l’estate
nel suo momento di declino e di fine, quando anche i girasoli si arrendono al
ciclo della vita e un’ondata di malinconia investe la natura. Girasoli
disseccati con ramarro (1975-80) è un’opera emblematica – per tecnica, temi e maestria di
esecuzione – del lavoro di Roberto Stelluti (Fabriano, Ancona, 1951).
La tecnica è l’acquaforte su zinco, il tema quello della
malinconia e della vanitas, l’esecuzione quella di un artista che padroneggia in
maniera egregia i propri mezzi espressivi. Aspetti che richiamano la
prestigiosa tradizione rinascimentale dell’incisione, realizzati però da un
contemporaneo, che da circa quarant’anni si dedica con costanza e devozione a
un’arte verso la quale in Italia si è creata una sorta di “incultura”, come lamenta Enrico Crispolti
in catalogo.
La curiosità e l’interesse per l’arte nascono in famiglia,
dalla madre pittrice. Ma è davanti all’opera di maestri come Rembrandt e Piranesi che Stelluti capisce di volersi
dedicare in maniera totale all’arte e sceglie come mezzo espressivo
l’incisione. Sono gli anni ‘70 e da allora l’artista non abbandonerà più questa
tecnica.
La mostra, ripercorrendo la carriera di Stelluti dalle
origini a oggi, permette di incrociare diverse chiavi di lettura, sulla base
dei soggetti o della tecnica, delle citazioni e dei riferimenti (più o meni
espliciti), o semplicemente delle emozioni evocate. Un percorso vario, che
testimonia la ricchezza culturale dell’artista, in cui sono sedimentate e
stratificate suggestioni provenienti dal cinema, dalla letteratura, dal
familiare paesaggio delle Marche, ma soprattutto dai grandi esempi del passato
e del presente, che Stelluti chiama “padri nobili”. Fra questi, i già citati
Rembrandt e Piranesi, ma anche Renato Guttuso, Piero Guccione, Jean-Pierre Velly e Luigi Bartolini.
Nel suo studio, ricavato presso l’ex refettorio di un
convento, Stelluti sorride nel paragonare il proprio modus operandi a quello di un monaco. Il suo, infatti,
è un lavoro in cui le parole d’ordine sono pazienza e costanza, in cui il
raccoglimento e la concentrazione necessari durante l’esecuzione si condensano
in un silenzio quasi sacro che emana dall’immagine, in una purezza di segno che
trascende il dato contingente, creando una sospensione temporale contemplativa.
Questo senso di calma e di assolutezza pervade anche le
incisioni apparse negli anni ‘80 e replicate fino al 2010, dedicate
all’archeologia industriale. Omaggio a G. B. Piranesi (1980) rappresenta lo scorcio di un
opificio abbandonato. Al centro del foglio, seminascosta fra gli incroci
ortogonali delle travi in legno, pende una corda. La sua flessibilità crea una
morbida linea curva, un riposo fra tanti spigoli, un segno di assoluta malinconia.
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mostra
visitata il 13 marzo 2010
dal 13 marzo all’otto maggio 2010
Roberto
Stelluti – Disegni e incisioni 1971-2010
Museo della Carta e della Filigrana
Largo Fratelli Spacca, 2 – 60044 Fabriano (AN)
Orario: da martedì a domenica ore 10-18
Catalogo disponibile
Info: tel. +39 073222334; fax +39 0732709240; info@museodellacarta.com; www.museodellacarta.com
[exibart]