Collocate in spazi quotidiani, le opere di quattordici giovani artisti sono state installate nel borgo di Sant’Omero, dando vita a
Visionaria. Seducenti giochi guardiani del tempo. Alla base dell’allestimento si trova l’idea di arte diffusa, che intende creare un’osmosi quasi mimetica tra luoghi e opere.
Ne sono un esempio i lavori di
Francesca Pierelli, dipinti che rielaborano layout di noti marchi industriali in chiave ironica e sarcastica, esposti all’interno delle teche per le affissioni comunali. Un giardino privato, da scorgere esclusivamente dietro un cancello chiuso, ospita l’intervento ironico e provocatorio di
Fidia Falaschetti, dove l’atto vandalico inferto a una statua si trasforma in scena del crimine.
Quelle in mostra sono visioni da cogliere in ogni luogo, ambiente, scorcio, anche nel bancone delle carni e nella cella frigorifera di un’ex-macelleria, come avviene per i lavori di
Giovanni Gaggia, sviluppati partendo da un fioretto di San Francesco relativo alla miracolosa guarigione di un lebbroso. Acquerelli al sangue, calchi in gesso di cuori e un video nel quale l’artista, con gesti rituali legati all’acqua, sana e purifica un cuore animale precedentemente sezionato e ricucito. Opere che rivelano un legame forte con una spiritualità fisica e allo stesso tempo carnale, mai astratta.
Il corpo torna nelle opere di
Giorgio Pignotti, imponendosi voluttuoso. Nudi prosperosi di ragazze sedute su un’altalena, intente a ridere maliziosamente, e visibili solo da due fori praticati sul portone della cantina dov’è esposta l’opera. Una visione erotica e sensuale, che trasforma lo spettatore in voyeur. Le identità celate, il volto mascherato con inquietanti bautte, sono i soggetti delle fotografie di
Simone Ridi: scatti dalle tonalitĂ cianotiche e contrastate, che raggelano ambienti sospesi e azioni enigmatiche.
All’ingresso di un grande scantinato, in cui le apparizioni si addensano con un ritmo claustrofobico, sono appese una davanti all’altra due grandi tele dalla trama diradata. Sulla loro superficie, le immagini dei volti post-umani e impassibili delle presenze aliene dipinte da
Francesca Gentili, visi che in trasparenza si sovrappongono come entitĂ immateriali e ieratiche, al di lĂ del tempo.
Insistono su una fisicitĂ ai limiti del percepibile anche gli oli su carta di
Luca De Angelis: corpi monocromi in blu e rosso, raffigurati in nervose tensioni muscolari, come infiammati per autocombustione e sul punto di dissolversi nel bianco del foglio.
L’ultima stanza, allestita come un altare, accoglie gli esseri mutati e zoomorfi di
Hernan Chavar, dotati di masse obese o muscolose, dalle tonalità livide, che si innestano con teste di topo, toro e asino. Esseri alterati, che troneggiano come divinità di un’umanità bestiale.