L’immagine cattura nei trascorsi giovanili di una Miami versione anni ‘80, mirabilmente evocata dall’immaginario di
Luis Gispert nel film sperimentale
Smother; risucchia nell’alienante paesaggio sociale di
Jesper Just, dove personaggi attoniti e disorientati vagano alla ricerca di una dimensione appagante; ferma dinanzi alla spietata precisione con cui
Steven Klein scava nelle increspature dell’animo umano e consegna l’icona inedita di una Madonna capace di risvegliare dal torpore della coscienza; immerge nella cinematografia di
Andrea Dojmi, che ha la cadenza naturale e insieme imprevedibile della vita; rapisce nei languori scettici con cui
Biorn Melhus smonta l’illusorio sogno collettivo della società americana.
E ancora, aggioga felicemente attorno alla tassonomia di
Stefano Graziani, conducendo all’interno di un paesaggio antropizzato, sorprendente e incantato; ammalia attraverso il concupiscente linguaggio della bellezza di Sharon Stone, o gli sguardi magnetici di Jack Nicholson e Clint Eastwood, in virtù del sapiente montaggio scenico con cui
Candice Breitz destruttura e assembla momenti salienti del grande cinema hollywoodiano; spiazza nelle enigmatiche claustrofobie di
Clemens Von Wedemeyer; seduce con il tocco incantevole della sensibilità sofferta, con cui
Guido Van Der Werve rompe le combinazioni degli schemi sociali nella ricerca di un’astrazione espressiva; insegue senza scampo nelle ulteriori opere presenti in mostra, da
Nico Vascellari a
Tony Oursler, da
Richard Kern a
Klaus Thymann, da
Christelle Lheureux a
Gaston Ramirez Feltrin.
Nell’ambito della programmazione del Festival del Cinema di Pesaro 50°, quest’esposizione ha l’obiettivo di mettere a fuoco la ricerca condotta nell’ambito dell’arte contemporanea e del cinema sperimentale da una prestigiosa selezione di artisti di maggior fama internazionale, attraverso l’impiego di diversi strumenti: installazioni, fotografie, video, audio e performance. Una particolarità che consente, attraverso un percorso multimediale, di condensare e decrittare gli enigmi della vita da tutti punti di osservazione possibili, perlustrando vaste zone d’ombra con finezza psicologica. Ma anche di far emergere tutta una serie di tradizioni culturali in rapporto con le principali situazioni e questioni sociali in corso di evoluzione, dove l’artista adotta una posizione critica ma anche partecipativa.
Partendo dall’atlante figurativo di Aby Warburg, Camilla Boemio ha allargato il punto di vista, confrontandosi con un contesto più ampio, costituito da immagini ironiche, spietate, poetiche, che non ritraggono mai il reale, ma lo indagano con un puntiglio disarmante, che è attraversato talvolta da un’inattesa vena disincantata.
Un progetto ad alto impatto emotivo, che ha l’ambizioso pregio di rinnovare il concetto di arte pubblica, nell’intento di svolgere azione di sensibilizzazione e, se necessario, di smascheramento e disturbo.