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Una nuova tendenza si è abbattuta nel corso degli anni 2000 sul commercio mondiale con l’avvento di internet. La disintermediazione è ormai una realtà nel mercato musicale, dell’editoria e dell’abbigliamento. Solo un sistema dell’arte sembra ancorato ad una dinamica da diciannovesimo secolo, quello che vede i due grandi contendenti, Sotheby’s e Christie’s sfidarsi a colpi di martello ogni mese. Nel 2004 Sotheby’s ha lanciato la piattaforma di offerte online sul proprio sito, per le aste in calendario. Un’iniziativa che ha portato alla naturale conclusione della partnership tra il gigante delle aste online ebay e Sotheby’s stessa. Annunciata lo scorso luglio come “la nuova esperienza di aste online” questa mossa è una necessaria per allargare a un pubblico ancora più vasto la possibilità di accedere al mondo del mercato, ma anche per mettere un freno al proliferare di siti web che offrivano già questo servizio.
Tra le ultime nate c’è l’australiana FAB che sta per Fine Art Bourse, creatura di Tim Goodman, ex proprietario di Sotheby’s Australia, che sfida proprio le grandi case d’aste sul tema scottante delle percentuali. Anche se molti tentativi di sfida spesso sono falliti e Goodman è positivo. Con uffici low cost nell’umile quartiere londinese di Finsbury Park, consulenti intorno al mondo, ma soprattutto con vendite concluse ad Hong Kong, senza tasse di vendita, senza royalties e senza diritti d’autore, Goodman promette di tagliare le percentuali di guadagno al 5 per cento. Riuscirà a spuntarla il magnate australiano contro le due grandi? Attendiamo la chiusura dell’anno, ma sarà un duro anno, avendo come concorrenti dirette delle realtà affermate come Artnet e Paddle8. Quest’ultima da sola nel 2014 ha guadagnato circa 35 milioni.
E in Italia? Online dallo scorso ottobre la piattaforma 9TY8, un sito di e-commerce di multipli di artisti italiani, tra cui Bruno Ceccobelli, Gianni Dessì, Oliviero Rainaldi, Giangaetano Patané, Pietro Ruffo, Maurizio Savini, Ileana Florescu, Andrea Calabresi e Ottavio Celestino, punta a realtà internazionali. I multipli prodotti dalla società sono offerti in particolare al mercato cinese, arabo e statunitense, sfruttando connessioni già avviate dai promotori del progetto. Un’idea imprenditoriale rischiosa, che investe nella produzione senza la certezza della vendita, ed un primo passo verso la tanto amata disintermediazione.