Uno spazio che non passa inosservato, ispirato al Pantheon di Roma e sormontato da una cupola aperta – proprio come nel monumento originale. E poi 12 ambienti espositivi, pensati per essere vissuti in modo nuovo, vivo, interattivo. Nasce MetaVanity, il primo museo nel Metaverso di Vanity Fair che segue, in collaborazione con Valuart, il trend del momento. La cornice: la Biennale Arte di Venezia ovviamente, dove i visitatori potranno muoversi tra le opere di 19 crypto artists internazionali e vivere, direttamente, le storie del giornale. L’obiettivo: rinnovare le modalità di informazione e intrattenimento, con una veste tutta nuova. Tutta digitale.
«In questo spazio dove la creatività non ha confini», spiega Simone Marchetti, direttore di Vanity Fair, «si celebreranno tutte le eccellenze, le unicità e le storie che da sempre Vanity Fair racconta nelle sue pagine, sui suoi siti, nei suoi canali social. Questa mostra è solo l’inizio, il preludio di un’opera che vuole essere la frontiera di una nuova evoluzione dell’esperienza, della conoscenza, dell’informazione e dell’intrattenimento».
Da Max Papeschi a Emanuele Dascanio, da Matt Kane a Skygolpe, e poi ancora Coldie, Jesse Draxler, Federico Clapis, Mimmo Dabbrescia, Edo Bertoglio. Per passeggiare virtualmente tra le loro opere, basterà scaricare sui propri dispositivi elettronici l’app Hadem, disponibile gratuitamente su tutte le piattaforme. Chiunque potrà ammirarle, in realtà, da qualsiasi postazione. Venezia è solo il punto di partenza.
«MetaVanity è il primo viaggio di Hadem in quello che siamo certi sarà la nostra dimensione come team, come azienda ed ecosistema creativo e intellettuale», dichiara Etan Genini, amministratore delegato e co-fondatore di Valuart. «Con MetaVanity, Vanity Fair ha saputo abbracciare in pieno i valori costitutivi della rivoluzione culturale figlia di questo momento. Ci ha permesso di ospitare alcune delle più straordinarie menti creative di oggi, lasciandole libere di operare nel pieno rispetto della loro storia e diventare la vita di un contenitore che tutto vuole fuorché “contenere”, bensì liberare nell’etere esperienze e dare modo al visitatore di immergersi, vivere e scoprire ciò di cui moltissimi parlano, solo alcuni davvero studiano e purtroppo pochissimi stanno cercando di sostenere».
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