Categorie: Mercato

Alla fine della fiera: tutti gli acquisti della BIAF

di - 4 Ottobre 2022

L’avevamo chiamata «la fiera delle meraviglie» ancor prima del gong d’inizio, quando i titoli negli stand erano soltanto vaghe, sfocate anticipazioni (qui). Poi 11 giorni di apertura, 77 gallerie, una Firenze piovosa, eppure accogliente, mite, placidamente autunnale. Alla fine della fiera – possiamo dirlo – la nuova Biennale Internazionale dell’Antiquariato di Firenze «meravigliosa» lo è stata per davvero. E non solo per Le tentazioni di Sant’Antonio che ci hanno accolti da Carlo Orsi, a pochi passi dall’entrata – occhi fissi su quei corpi ibridi, quei mostri anti-rinascimentali che si avvitano armonici intorno al santo, in una spirale modulata di richiami. Non solo. Non solo per il seicentesco Banchetto di Assalonne di Niccolò Tornioli in scena da Robilant + Voena – un omaggio a Caravaggio tutto intriso di gesti, luci fendenti, contrasti in macro zoom – eletto non a caso come “dipinto più bello della fiera”. Non solo per le nature morte perfette, in miniatura, di De Jonckheere, i grappoli d’uva turgidi, pappagalli esotici, i più sanguigni melograni; per le cornici seicentesche sapientemente scolpite, da Brun Fine Art, attribuite a Filippo Parodi; per quell’Autoritratto di Giorgione che poi autoritratto non è, e la galleria Antonacci Lapiccirella ne rivela, approfondita, l’insolita storia. «Abbiamo lavorato tre anni», dichiara il segretario generale Fabrizio Moretti, «per organizzare l’edizione della rinascita». Detto, fatto. La 32esima edizione della BIAF ha scoperchiato uno dopo l’altro autentici capolavori.

Bando ai sentimentalismi, alla fine della fiera ci sono le vendite da commentare. Primi fra tutti gli acquisti dei mega musei come gli Uffizi, che scelgono 7 opere tra quadri (un Pietro Paolini e un Francesco Cairo), un busto in avorio di Cosimo III de’ Medici scolpito da Jean-Baptiste Basset e un autoritratto di Felice Cerruti Bauduc. Nuovi ingressi anche per la tela Viaggio tragico di Ferruccio Ferrazzi e la magnifica Pietà in bronzo di Giacomo Manzù. Totale: una cifra intorno a € 1 milione. E c’è un dono dell’antiquario Enrico Frascione tra i tesori del bottino, Giovinetta con cane ad opera di Carletto Caliari, figlio del Veronese. Niente di meno che un disegno preparatorio per un quadro del Louvre.

Proseguiamo, spazio ai collezionisti privati. I Giochi di scimmie di Abraham Teniers, del 1650 circa, trovano un nuovo proprietario da Caretto&Occhinegro. Il prezzo? Non noto. Ma nel 2017, da Christie’s, un manipolo di buffe scimmie umanoidi fissava un nuovo record per oltre $ 125.500. Giacometti Old Master Paintings annuncia un buon numero di vendite a lieto fine – inclusa la terracotta ottocentesca Monello napoletano, ad opera di Luigi de Luca, assegnata a un collezionista giapponese. E non è da meno la Antonacci Lapiccirella, che chiude la partita a quota 7 vendite, tra cui una bella tempera di Ippolito Caffi – la città in festa, la luce, gli sbuffi di colore – un bronzo di Libero Andreotti, Donna che fugge, proveniente dalla collezione Ugo Ojetti. Tra gli oggetti più curiosi anche le posate di Cosimo I de’ Medici Granduca di Toscana, esposte nello stand della Galleria Longari: un ignoto collezionista le ha acquistate, impaziente, nella prima mezz’ora di preview.

Qualche “volto noto”, ci sono alcuni lavori passati all’asta nell’ultimo anno tra i corridoi seicenteschi di Palazzo Corsini. A partire dalla Maddalena di Artemisia Gentileschi esposta da Butterfly, che nell’estate del 2021, da Van Ham, a Colonia, passava di mano per € 50.000. Nello stesso booth un inconfondibile Federico Zandomeneghi a tinte tenui riporta indietro all’incanto di Cambi, la valutazione lo scorso maggio era di € 120.000 – 150.000. Ancora l’Odalisca di Francesco Hayez proposta da Bottegantica, che da Pandolfini, nel 2021, polverizzava le stime con un’aggiudicazione da € 93.750. E torniamo alla carrellata delle vendite di Biaf con Galleria Nobile, venduti il disegno Balthus che ritrae l’amico Renato Guttuso e l’Autoritratto di Armando Locatelli, un olio su tavola datato 1925. «Siamo di nuovo negli anni ’80», il commento del gallerista Matteo Salamon. Tante voci entusiaste, alla fine della fiera. Triplo fischio finale.

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