Ha debuttato nel 2023 sotto gli occhi famelici del mercato globale, dopo anni di attesa e pandemia. Adesso, nel bel mezzo della fatidica “normalizzazione” generale, l’arrivo in corsa del secondo atto di ART SG (19-21 gennaio). Inaugura domani la fiera di arte contemporanea di Singapore – oggi è la giornata di preview, solo per collezionisti e addetti ai lavori. È la prova del nove. 115 booth da 33 Paesi, una sfilza di nomi locali (un terzo degli espositori proviene dal Sud-Est asiatico) e di giganti blue-chip, senza limiti tra Gagosian e Gajah Gallery, Thaddaeus Ropac e FOST. Locali e globali insieme, come da amata tradizione. Diverse le sezioni tematiche, ci sono Galleries, Focus, Futures e Platform, in ottima compagnia con Film e Talks. Il tutto strategicamente amalgamato con le iniziative della Singapore Art Week, che ben riflettono la spinta sull’acceleratore del sistema-arte in città. Come Art Basel per Hong Kong, come Frieze per Seoul, così adesso Singapore prende le misure con il suo nuovo – agognato – epicentro artistico, la novella fiera ART SG. Ne abbiamo parlato con il co-fondatore Magnus Renfrew.
Puntiamo subito lo sguardo verso Est, sull’art market asiatico. Quali sono, secondo lei, le principali differenze rispetto a quello occidentale? Qual è il gusto dei collezionisti orientali, e come rispondono di conseguenza aste, fiere e mercanti?
«Il mercato asiatico è ancora in una fase relativamente iniziale di sviluppo e ha un enorme potenziale di crescita. È difficile generalizzare sulle caratteristiche intrinseche, ma direi che in Asia i collezionisti si pongono le domande giuste e fanno ricerche approfondite. Sono molto veloci nello sviluppare le loro conoscenze. Un tempo i collezionisti raccoglievano soprattutto opere provenienti dal proprio Paese, oggi invece i gusti si sono notevolmente ampliati e sono davvero globali. In termini di aste, le vendite serali di Hong Kong risultano popolate da opere d’arte occidentali e asiatiche. Le gallerie internazionali, dal canto loro, stanno aprendo sempre più avamposti in Asia, assumendo rappresentanti nella regione ed esplorando il mercato asiatico attraverso le fiere d’arte».
La faccio estremamente semplice, allora. In questo momento storico, dove venderebbe un Old Master, dove un diamante e dove un artista contemporaneo?
«Se parliamo di aste: per un vecchio maestro occidentale, direi che il centro del mercato è ancora Londra o New York, anche se non manca una notevole attività da parte di collezionisti asiatici. Se si tratta di un’opera di pittura classica cinese, invece, Hong Kong è ancora la sede preferita, con un interesse significativo da parte della Cina continentale, di Hong Kong e di Taiwan. A proposito dei diamanti, è Hong Kong ad aver registrato alcuni dei prezzi più alti a livello mondiale. Mentre per l’arte contemporanea direi che dipende, anche se di sicuro gli acquirenti asiatici hanno svolto un ruolo importante nelle aste di tutto il globo».
Singapore si configura senz’altro come “next art hub”, si sta imponendo a gamba tesa sul mercato internazionale. Le chiedo: qual è la sua peculiarità rispetto ad altri poli dell’arte asiatica come Seoul e Hong Kong?
«Ogni città è unica, con punti di forza e sfere di influenza individuali. Singapore è la porta d’accesso al Sud-Est asiatico, che ha una popolazione di 650 milioni di persone, quasi pari alle dimensioni dell’Europa – quindi la logica vuole che anche Singapore ospiti una fiera d’arte internazionale, per servire una regione che ha alcune delle economie in più rapida ascesa al mondo. Inoltre, il Sud-Est asiatico ha una gamma di ecosistemi culturali diversi, entusiasmanti, e noi vogliamo mettere in dialogo queste realtà con il mondo dell’arte internazionale. L’interesse per Singapore continua a crescere: acquisisce sempre più importanza dal punto di vista geoeconomico, geopolitico e come centro asiatico della gestione patrimoniale».
A proposito di crescita. Ritiene che il “sistema” dell’arte di Singapore abbia già una sua ossatura? Mi spiego meglio: esiste già una struttura, un abbraccio complice tra musei, fiere, gallerie e i vari players del mercato, in città? O siamo all’inizio della salita?
«Singapore registra una forte scena artistica locale, con gallerie e notevoli investimenti governativi nell’arte e nella cultura. Il suo panorama si sta sviluppando alla velocità della luce, con musei di livello mondiale come la National Gallery di Singapore e il Singapore Art Museum – oltre a un gruppo crescente di gallerie commerciali e una comunità di collezionisti sempre più impegnata. L’anno scorso abbiamo assistito al successo dell’edizione inaugurale di ART SG e sono felice di vedere che la fiera continua a svilupparsi in un simile contesto. Siamo rimasti particolarmente colpiti dal modo in cui la città ha accolto la kermesse, con grandi mostre istituzionali e private organizzate nello stesso periodo. Anche quest’anno, collaboriamo con la Singapore Art Week e con le istituzioni della città per organizzare una settimana di eventi imperdibili».
In termini di agevolazioni fiscali, invece, a che punto siamo?
«Singapore si è affermata come un fertile hub di transito per l’arte. Ospita nove zone di libero scambio (FTZ), tra cui l’ALPS (Airport Logistics Park of Singapore) presso l’aeroporto di Changi. L’ALPS contiene il Singapore Freeport, un polo logistico per l’arte e la ricchezza privata con uno status di esenzione fiscale e doganale, istituito nel 2010. L’edificio del Singapore Freeport si è affermato come il secondo più grande deposito d’arte al mondo dopo Ginevra, con pezzi provenienti da tutto il mondo, ed è il primo del suo genere in Asia. Grazie alle sue eccellenti infrastrutture e al suo ricco paesaggio culturale, al centro del Sud-Est asiatico, riteniamo che una fiera a Singapore sia un punto di riferimento indispensabile per l’arte contemporanea nella regione. Non solo: la GST di Singapore è del 9% se l’opera acquistata deve rimanere a Singapore (al di fuori del porto franco). E uno dei principali vantaggi di Singapore è che non esiste un’imposta sulle plusvalenze».
E arriviamo così ad ART SG, prossima all’apertura. Qual è stata la rivelazione più sorprendente della prima edizione dello scorso anno – qualcosa che non vi aspettavate, in un senso o nell’altro?
«Siamo stati entusiasti dell’ampiezza della partecipazione, con collezionisti provenienti da tutta l’Asia. Oltre ai collezionisti del Sud-Est asiatico, dell’India e dell’Australia, abbiamo registrato una forte partecipazione dalla Cina continentale, da Taiwan, Hong Kong, Corea e Giappone. Siamo stati lieti di soddisfare l’esigenza di riunire l’Indo-Pacifico a Singapore e di collegare queste comunità al resto dell’Asia e oltre».
Un’ultima domanda: la cosa da non perdersi assolutamente in questa nuova manche di ART SG.
«Nella line-up di 114 gallerie internazionali, attendo senz’altro con impazienza le presentazioni di grande impatto visivo del settore Platform, quello dedicato a installazioni dinamiche, di grandi dimensioni e site-specific, saranno sparpagliate lungo tutta la fiera. Tra gli highlights, l’installazione a tecnica mista Home dell’artista britannico-cinese Gordon Cheung, sotto forma di finestre tradizionali cinesi, realizzate con giornali finanziari e bambù. In bilico tra gli stati dell’essere, l’architettura “fantasma” dell’installazione ricorda le case demolite a causa della rapida urbanizzazione della Cina. Le opere dell’artista di Singapore Donna Ong – che appartengono alla serie Every World – danno vita invece a mondi fantastici attraverso una pratica artistica unica, che consiste nel disporre forme in miniatura di flora e di fauna tropicale, tutte di carta tagliata a mano, all’interno di una teca di vetro».
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