-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Artissima è stato un sogno ad occhi aperti. Ma che cosa resta al risveglio?
Mercato
È già finita The Era of Daydreaming. Artissima 2024 chiude i battenti (con 34.200 visitatori, erano 34.000 nel 2023), è la terza edizione diretta da Luigi Fassi, e subito si tirano le somme, alla fine della fiera. Che significa: impressioni, acquisizioni museali, vendite delle 189 gallerie, e poi tutto quello che in città resta, ben oltre il limite spazio-temporale degli stand.
Quindi, capitolo vendite. Si fatica a parlarne con i galleristi, a dire il vero, specialmente se il confronto è con i colossi Art Basel e Frieze, dove i prezzi fioccano sempre fin dalle prime opere di apertura, senza troppe sollecitazioni – e si parla in quel caso anche di numeri a sei o sette cifre, anche nell’anno della crisi, delle guerre, degli alti tassi di interesse, tutti ovviamente concatenati fra loro. Ma questa è un’altra storia. Artissima è più una grande (e sempre ben riuscita) mostra collettiva, sembra, si fa il punto sulle ricerche, sulle sperimentazioni, sui trend, e poi chi vuole compra, se vuole, se può. Ha ospitato ben 700 collezionisti e curatori quest’anno, di cui 55% internazionali e 45% italiani, ma i prezzi trapelano troppo sporadici, troppo diradati, per dire davvero com’è andata sotto il cielo azzurro dell’Oval. C’è la bolognese P420, che dichiara tra le altre l’assegnazione di pezzi di Shafei Xia (€ 20.000), Irma Blank (€ 10.000), Filippo de Pisis (€ 15.000), Francis Offman (€ 12.500); c’è Apalazzo, di Brescia, con un Untitled di Nicolas Roggy, anno 2018, passato di mano per € 10.000 a un collezionista italiano, mentre la torinese Luce Gallery vende un lavoro recente di Mannat Gondotra per € 13.000 a un privato americano. O ancora Dep Art Gallery, con due opere di Regine Schumann vendute rispettivamente per € 3000 ed € 11.000 («con grande interesse per l’opera più importante da € 60.000», specifica il gallerista Antonio Addamiano) e ancora un Wolfram Ullrich andato per € 9000. Poi Martina Simeti, con quattro lavori assegnati tra € 1000 ed € 2000 e uno intorno a € 6000, Umberto di Marino che vende diversi lavori su carta di Eugenio Tibaldi per un range che va da € 2000 a € 9000, la galleria Rodolphe Janssen di Bussels che piazza Neighbours di Louisa Gagliardi per una cifra compresa tra € 30.000 e € 40.000, ancora Monitor Gallery, che riporta le vendite di Nicola Samorì, Maja Escher, Lucia Cantò e Matteo Fato per un price range di € 5000-70.000. Punta tutto su Elyla la Galleria Giampaolo Abbondio (Milano, Todi), l’artista nicaraguense che era tra i protagonisti della Biennale di Pedrosa, ad Artissima i suoi lavori hanno trovato acquirenti per € 10.000-15.000. Prezzi alla snocciolata che solleticano la curiosità (sacrosanta) del “quanto vale l’arte contemporanea?” – a proposito della famigerata banana di Cattelan pronta a sfidare il rostro di Sotheby’s, questo novembre, con una stima di $ 1 milione – ma che poco dicono in termini di salute, di crisi, di prudenza e resilienza dell’art market italiano.
Intanto, allo stand Gray 4, la Ronchini Gallery – from London, alla sua prima partecipazione a Torino – portava le opere degli anni ’60 di Alice Baber, tutte provenienti dalla Paul and Suzanne Jenkins Foundation di New York e rappresentative dei suoi anni passati a Parigi. «Abbiamo osato, forse i collezionisti non si aspettavano qui ad Artissima un’artista moderna, scomparsa nel 1982. Ma c’è stato comunque un buon interesse generale», rivela a exibart il gallerista Lorenzo Ronchini – che pure non è l’unico a concentrarsi sui grandi del Novecento, vedi i booth di Repetto e Tornabuoni Art. Un’altra galleria che ha sede a Londra, ma anche al centro di Torino: Mazzoleni parla di «molta affluenza ed effervescenza, fin dal primo giorno di preview», con un interesse particolare per gli artisti Iran do Espírito Santo (nuova rappresentanza) e l’americana Melissa McGill. Il verdetto finale? Venduti Marinella Senatore (collage e sculture luminose), David Reimondo, Andrea Francolino e Rebecca Moccia, per un range di prezzi tra € 5000 e € 50.000. Qua e là, dai booth, le nuvole tattili e i colori cangianti della superstar del mercato – del 2023, per lo meno – Salvo, che ben risuonano con la maxi mostra alla Pinacoteca Agnelli, a cura di Sarah Cosulich e Lucrezia Calabrò Visconti. Quasi un portale dentro-fuori.
Alla fine della fiera, Artissima è ancora la kermesse d’arte contemporanea più internazionale d’Italia, è elegante, solida, ben frequentata, complice anche il weekend lungo – ma delle vendite si parla poco, e poco volentieri, quasi fosse un tabù. «Artissima si conferma una fiera di qualità, capace di attrarre non solo il pubblico italiano ma anche un crescente interesse a livello europeo», commentano Benedetta Spalletti e Lodovica Busiri Vici, galleriste di Vistamare, che esponeva tra gli altri lavori di Francesca Banchelli, Rosa Barba, Claudia Comte e Joseph Kosuth. Parla di una «fiera ben organizzata» Galleria Continua, «con un pubblico curioso e attento all’arte contemporanea» e «un’atmosfera che valorizza la qualità delle opere e stimola un dialogo proficuo tra gallerie, collezionisti e artisti». E chiude in bellezza con alcune importanti acquisizioni: «La Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT», rivela, «ha acquistato i lavori di Zhanna Kadyrova, tra cui Palianytsia (Poland), sette sculture in pietre di fiume del 2022, opera che supporta le organizzazioni umanitarie per le persone colpite dal conflitto russo-ucraino. Sono inoltre stati acquisiti un video e due lavori ricamati a mano». Nota a margine necessaria: nel 2024, quello stanziato dalla Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT è stato il budget più alto degli ultimi dodici anni, ben € 280.000 destinati alle acquisizioni, per un totale – non scontato – di dieci opere realizzate da cinque artisti e destinate rispettivamente al Castello di Rivoli (Sara Enrico, Chiara Fumai e Zhanna Kadyrova) e alla GAM (Guglielmo Castelli e Chantal Joffe). «È un segno del nostro impegno e una conferma del sostegno che la Fondazione assicura storicamente alla fiera», dichiara Patrizia Sandretto Re Rebaudengo, presidente della Fondazione CRT. «Le opere sono destinate ai due musei, allo scopo di arricchire le loro collezioni in coerenza con le rispettive strategie e programmazioni». Ecco quello che resta (alla città). Cala il sipario, domenica sera, su Artissima 31. Fine del sogno.