Parole d’ordine: Intelligenza Artificiale, trasparenza, gli ormai ultranoti NFT. Gli attori: da un lato gli artisti, che potranno coniare Non-Fungible Token autenticati delle proprie opere; dall’altro i collezionisti, attratti da opportunità di investimento a prezzi accessibili – nonché da analisi e aggiornamenti di mercato istantanei. C’è tutto questo su Artsted.com, il marketplace digitale che promuove il lavoro di artisti emergenti. Ne abbiamo parlato con la fondatrice Maryna Rybakova.
Che cosa rende Artsted diversa dalle altre piattaforme di vendita di NFT?
«Artsted lavora in collaborazione con artisti visivi che utilizzano media tradizionali: pittura, scultura, tecniche miste, fotografia e molto altro ancora. Il nostro è un approccio curatoriale che mette in risalto l’aspetto concettuale ed estetico, anche riguardo agli NFTs. Inoltre utilizziamo un algoritmo creato con l’impiego di Intelligenza Artificiale per analizzare i dati di carriera degli artisti sulla piattaforma, nell’ottica della loro rilevanza sul mercato internazionale e per dimostrare l’andamento futuro di ogni user. È un servizio che offriamo soltanto noi sul mercato primario».
Qual è l’identikit del collezionista a cui vi rivolgete?
«Collezionisti curiosi e indipendenti. Mentre in passato il collezionista si affidava al gallerista o a un intermediario per approcciarsi al mercato dell’arte e capire le sue dinamiche, ormai può farlo anche in autonomia. Su Artsted, in particolare, i calcoli analitici sono in grado di indirizzarlo, lasciandogli il solo compito di una valutazione estetica e concettuale».
Per quanto riguarda gli artisti, invece? A chi è destinato il servizio di minting di Artsted?
«A tutti gli artisti che hanno voglia di sperimentare questo nuovo medium, non solo a chi si occupa esclusivamente di arte digitale. Le varie proposte che abbiamo ricevuto subito dopo il lancio del portale NFT sul sito sono anche relative alla creazione di NFTs con video documentazioni, performance art e altri progetti più complessi come installazioni site-specific o ricerche concettuali».
Tra i punti forti di Artsted c’è anche la maggiore tutela nell’ottica del copyright. Vuole spiegarci questa dinamica?
«La questione del copyright nel digitale è un argomento molto dibattuto per via delle caratteristiche di accessibilità e replicabilità dei dati messe a confronto con l’impossibilità di poter registrare idee creative. Artsted, in corso d’opera, ha preso la decisione strategica di fare uno step ulteriore – non solo garantendo la verifica dell’originalità di ogni opera NFT creata sulla piattaforma, ma anche associando gli NFTs ai profili pubblici degli artisti a loro volta verificati tramite il portale di identificazione. Ovviamente, anche gli smart contract garantiscono di poter fornire royalties nel caso di rivendita sul mercato secondario – è sempre un passo avanti per tutelare i diritti d’autore e il diritto di seguito».
Gli NFT inquinano, è un dato di fatto. Artsted, però, ha scelto di intraprendere una strada più green…
«Artsted è una realtà nuova, in questo ambito siamo più agili e veloci ad abbracciare strumenti innovativi. Le blockchain che abbiamo adottato per mintare le opere sono Polkadot e Solana – con un forte drive per la sostenibilità. La nostra è stata una decisione che guarda al futuro dal punto di vista etico e green, ma anche in termini di costi. La creazione delle opere su blockchain di Ethereum – in base al carico della rete – in alcuni momenti può arrivare a costare centinaia di euro in gas fees, mentre su Polkadot parliamo di pochi centesimi per la stessa operazione».
Per concludere, tre nomi da tenere d’occhio sulla piattaforma.
«Jovan Matic, Jemima Murphy e Katherine Lubar».
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