C’è uno Study for Homage to the Square del 1969 da David Zwirner, con i suoi quadrati concentrici, ossessivi, a rincorrersi sui toni del verde; un ritratto di Jorge Gitoo Wright ad opera di Kehinde Wiley da Sean Kelly, recentissimo, datato 2022; e poi le pieghe in marmo sparse sul corpo di Afrodite, del I sec d.C., un tempo nei Giardini di Villa Pamphilj, a Roma, ora offerto dalla Galerie Chenel di Parigi. TEFAF torna in pompa magna – 2 anni e una pandemia dopo – e riassume sotto un unico tetto secoli interi di storia dell’arte, senza confini tra un Hippo-Bar di François-Xavier Lalanne e un manoscritto trecentesco del Museum of Fine Arts di Houston (NOT FOR SALE, scritto a caratteri cubitali). Dove? Al Park Avenue Armory, a New York. Quando? Fino a martedì 10 maggio, con oltre 90 gallerie approdate da tutto il mondo nella Grande Mela. Si torna al passato, stavolta senza palliativi, senza espedienti online. Si torna alla grande arte internazionale, in presenza, non c’è quasi traccia di nostalgia.
Qualche proposta random tra i booth: un incredibile Himmelspaläste di Anselm Kiefer offerto da Beck & Eggeling International Fine Art, ve lo anticipavamo qui. Un immancabile – sempre confortante – Giorgio Morandi del 1948 dall’italianissima Galleria d’arte Maggiore G.A.M (presto venduto). Robilant + Voena porta in scena Piglet Goes Shopping, un acrilico su tela di Keith Haring del 1989, mentre la Helly Nahamad Gallery punta sicura su un Pope di Francis Bacon del 1958 – lo stesso, sembra, che da Sotheby’s New York, nel novembre 2019, è stato venduto per $ 6,6 milioni. Quali dunque le prime impressioni – e vendite – della fiera? Parla Massimo De Carlo, che nel suo spazio alterna lavori di Aaron Garber-Maikovska, Ferrari Sheppard, Piotr Uklański: «Il nostro stand dedicato all’artista di Los Angeles Aaron Garber Maikovska», scrive in una nota a exibart, «è stato decisamente ben accolto, con grande interesse e molte richieste. Con un range di prezzi tra $ 40.000 – 85.000, è andato sold out nella prima ora della fiera». Ottimi risultati anche da Perrotin, i suoi dipinti sono stati acquistati da due istituzioni per una cifra compresa tra $ 250.000 e 500.000, mentre da Beck & Eggeling un Manolo Valdes ha trovato un proprietario per $ 350.000.
Non finisce qui. Troviamo Tornabuoni Art al booth 327, con una selezione di lavori post war che includono, tra gli altri, un bel Concetto spaziale di Lucio Fontana del 1955 – una costellazione di vetri rossi e rosa su fondo grigio, azzurro e blu, passata all’asta da Farsetti, nel 2016, con una stima fino a € 1,2 milioni. E c’è un dipinto d’eccezione allo stand di David Tunick, uno Chagall del 1917 con una storia singolare: la sorella dell’artista lo nascose per anni sotto a una pelliccia per poi tramandarlo a un nipote, una spia russa. Nel 1995 finì invenduto da Sotheby’s e fu acquistato nel 2003 da Michael Steinhardt, per la modica cifra di $ 6 milioni. Chissà quali vette toccherà, nella cornice di TEFAF.
Ancora qualche protagonista dai corridoi più affollati: un tavolino in quarzo rosa e bronzo del designer Misha Kahn, della galleria Friedman Benda, una scultura di Louise Bourgeois in tecnica mista, da Galerie Karsten Greve AG, un’altra scultura, stavolta labirintica, intrecciata, di Antony Gormley, esposta da Galleria Continua. Grande attenzione, poi, per i contemporanei asiatici: «La Tina Kim Gallery», comunicano dalla fiera, «ha venduto tre lavori di Ha Chong-Hyun e un’opera di ciascuno degli artisti Park Seo-Bo, Kwon Young-Woo, Kibong Rhee e Kim Tschang-Yeul, con prezzi compresi tra i 100.000 e i 500.000 dollari». E chiudiamo in bellezza con due nomi tutti italiani: Mazzoleni, che partecipa con opere in bianco e nero dei principali attori del dopoguerra – da Victor Vasarely a Jannis Kounellis ad Alberto Burri; e poi Cardi Gallery, che espone tra gli altri Tal di Mimmo Rotella, del 1957, e un iconico Package di Christo, del 1961.
Bentornata TEFAF – il ritardo di due anni è quasi perdonato.
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