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Qualche numero e qualche indicazione sull’identità di Gelateria Sogni di Ghiaccio
«Gelateria Sogni di Ghiaccio si trova in una zona centrale della città di Bologna, equidistante dalla stazione e dalla piazza. L’edificio che ospita lo spazio è del 1500 e affacciava sul Canale del Reno, oggi sotterraneo. Il quartiere nonostante la sua centralità è tranquillo e appartato, meta di graffitari in allenamento. Da ottobre 2016 a aprile 2019 abbiamo realizzato 27 progetti espositivi con una cadenza abbastanza regolare escludendo i mesi estivi, per una media di 9 eventi l’anno. Da aprile 2019 ci siamo concessi un periodo di ragionamento e riapriremo la nuova stagione proprio da gennaio, con la volontà di realizzare almeno altri 5 progetti prima dell’estate. Le persone che danno vita a Gelateria Sogni di Ghiaccio sono diversi amiche e amici, collaboratrici e collaboratori esterni che fino ad ora si sono raccolti attorno alla direzione artistica di Mattia Pajè e Filippo Marzocchi».
Gelateria Sogni di Ghiaccio è un artist run space: perché avete sentito il bisogno di fondarlo?
«Nel 2016 avevamo da poco concluso gli studi e abbiamo sentito la necessità di affittare uno spazio che potesse diventare il nostro studio, ma anche un luogo dove altri artisti e artiste potessero lavorare a dei progetti liberi. Eravamo curiosi di conoscere e stringere rapporti con le artiste e gli artisti che seguivamo e che stimavamo sul territorio italiano e volevamo assolutamente che lo spazio potesse diventare un catalizzatore di loro esperimenti».
Gli obiettivi di Gelateria Sogni di Ghiaccio sono mutati in questi tre anni di attività? Se sì, come e perché?
«Non abbiamo mai creduto più di tanto nell’ascesa, nella carriera o nell’istituzionalizzazione della nostra realtà. Abbiamo sempre fatto quello che abbiamo voluto, o siamo riusciti a fare con le nostre forze. I nostri obiettivi a breve termine sono molto sentiti e oggi siamo contenti. Domani stiamo a vedere, non escludiamo nulla».
Come si sostiene Gelateria Sogni di Ghiaccio?
«Gelateria Sogni di Ghiaccio fino ad ora è stata sostenuta dalle artiste e dagli artisti che l’hanno utilizzata come studio, dalle artiste e dagli artisti che ci hanno lavorato e da alcune collaborazioni esterne che hanno supportato il progetto».
In base a quali criteri scegliete gli artisti che invitate a esporre e i progetti che ospitate?
«Il criterio è totalmente arbitrario. Invitiamo le artiste o gli artisti, le curatrici o i curatori che ci piacciono e con cui spesso si instaura un rapporto umano di amicizia. Spesso conosciamo le persone o altre volte ci imbattiamo nel loro lavoro tramite internet, poi un invito via mail o telefono. Se c’è feeling il gioco è fatto. In linea di massima abbiamo cercato un equilibrio tra le artiste e gli artisti del territorio bolognese, del territorio italiano e internazionale, anche a seconda delle nostre possibilità».