Categorie: Mercato

Bologna / Gallerist: P420

di - 21 Gennaio 2020

Identikit di P420: composizione dello staff, artisti rappresentati, numero di mostre realizzate in un anno, partecipazioni a fiere, produzioni…?

«Attualmente P420 collabora direttamente con quindici artisti – per la maggior parte dei quali è la principale galleria – e ne rappresenta altri tre o quattro attraverso i loro eredi o gli archivi o le fondazioni che sono state create dopo la loro morte. Si tratta indifferentemente di artisti italiani e stranieri, più giovani o di precedenti generazioni. Lo staff della galleria è piuttosto cresciuto in questi ultimi 2/3 anni, passando dalle 3 persone in tutto quando la galleria era nella vecchia sede, sempre a Bologna, alle attuali 8 con Chiara Tiberio direttrice di galleria. La crescita dello staff è stata proporzionale alla crescita dei progetti e oggi, oltre alle 4 mostre annuali in galleria e alla mostra di Opentour che coinvolge una selezione di studenti dell’Accademia di Bologna, diamo supporto ai nostri artisti in occasione di mostre in spazi istituzionali (le personali di Irma Blank al Culturgest di Lisbona e al Mamco di Ginevra o l’antologica di Paolo Icaro alla GAM di Torino per citarne alcune) oltre a partecipare regolarmente a 9/10 fiere ogni anno».

In una decina d’anni la vostra galleria si è affermata a livello sia nazionale che internazionale: quali ritenete siano gli aspetti più importanti da curare affinché una galleria possa affermarsi nel mercato nazionale e internazionale?

«Oggi bisogna avere sia il binocolo, per guardare lontano con attenzione ai mercati esteri che offrono enormi possibilità, sia l’occhiale da presbite per guardare vicino al mercato locale italiano, molto importante soprattutto per costruirsi una credibilità e crescere insieme a un nucleo di appassionati affezionati di cui conquistarsi la fiducia. Gli aspetti importanti da curare? tutti purtroppo».

Come si è modificata nel tempo l’attività della galleria P420? Avete aperto maggiormente il ventaglio generazionale degli artisti con cui collaborate. Perché?

«Si, nei primi anni di galleria abbiamo presentato artisti di una generazione già affermata, ma che secondo noi avevano avuto meno riscontro di quanto la qualità del loro lavoro avesse meritato. Tra gli altri, avevamo cominciato a presentare Richard Nonas, Irma Blank, Paolo Icaro, Franco Vaccari… poi sentivamo sempre più necessario presentare anche generazioni più vicine a noi, come se ci fosse un vuoto di linguaggio da riempire, volevamo completare, mescolare, confrontare. Sentiamo di avere bisogno di tutto, del maestro che ha già scoperto e del più giovane che sta scoprendo».

In che modo selezionate gli artisti più giovani con cui collaborate? Quali caratteristiche devono avere le loro ricerche per suscitare il vostro interesse?

«Selezionare artisti giovani è la cosa più difficile, non dico niente di nuovo. Ce ne sono tantissimi bravi, ma la ricetta per diventare un bravo artista è di quelle più preziose e segrete. Dobbiamo tanto a bravissimi curatori come Davide Ferri, Antonio Grulli, João Laia, Chris Sharp, Simone Menegoi e diversi altri grazie ai quali abbiamo potuto amare e presentare il lavoro di alcuni degli artisti che oggi rappresentiamo. E non si finisce mai di scoprire ovviamente».

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