-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Più grossi sono, più rumore fanno quando cadono e – diciamo la verità – in questo caso tutti aspettavamo solo il più classico degli scivoloni. Ricordate Martin Mobarak? Si tratta dell’imprenditore delle nuove tecnologie, autoproclamatosi alchimista dell’arte per la sua capacità innata di trasformare l’arte in soldi, anzi, in criptovalute. Colui il quale bruciò pubblicamente un’opera di Frida Kahlo per mantenerne solo la versione digitale come NFT Non-Fungible Tokes, nel corso di un party in piscina nella sua bella residenza a Miami, in Florida. Bene, pare che questa pazza idea non sia stata altrettanto fortunata. Secondo quanto dichiarato dal New York Times, infatti, se l’opera distrutta – pezzo unico e “reale” – valeva 10 milioni di dollari, per il momento sono stati venduti solo quattro dei 10mila NFT digitalizzati, con un ritorno di circa 11mila dollari. Insomma, non è stata proprio una grande pensata, quella di Mobarak. Chi l’avrebbe detto, eh?
Magari arrivata anche nel momento sbagliato. Il mercato degli NFT, dopo un periodo sfavillante, si è stabilizzato verso il basso e le persone che vi erano coinvolte le stanno provando tutte, per attirare l’attenzione degli investitori. Mobarak ha provato con il fuoco ma è rimasto bruciato. Una metafora fin troppo facile e, insomma, questo avrebbe pur dovuto mettere in guardia il nostro alchimista.
«La gente può credere che io abbia distrutto l’opera. Ma non l’ho fatto», spiegava Mobarak. «In questo modo la sto portando nel mondo. La faccio vedere a tutti, piuttosto che stare semplicemente nella collezione privata di qualcuno», continuava l’alchimista che, a quanto pare, è anche benefattore. Secondo quanto riportato sul sito del progetto, infatti, parte dei ricavi provenienti dalle vendite degli NFT sarebbe andato in beneficenza a qualcuno di quegli enti filantropici statunitensi che un po’ si mostrano e un po’ di nascondono in un’area grigia di movimenti finanziari e interessi lobbistici, tipica di quella parte di mondo.
E oltre alla beffa della clamorosa debacle finanziaria, anche il più che probabile – anzi, auspicabile – danno legale. L’Istituto Nazionale di Belle Arti e Letteratura del Messico considera le opere di Frida Kahlo un monumento nazionale e distruggerle, a prescindere da dove si trovino e in quali mani, è un crimine. D’altra parte, se l’opera bruciata dovesse essere stata un falso, ipotesi nemmeno poi troppo fantascientifica, comunque Mobarak potrebbe essere accusato di violazione di copyright. E considerando quanto la Frida Kahlo Corporation, società fondata dalla famiglia dell’artista, sia attenta alle questioni di autorizzazioni – ricordiamo il celebre caso Kahlo vs Mattel, a proposito di una Barbie troppo citazionista – l’imprenditore farebbe meglio a coprirsi la testa di cenere, prima che sia troppo tardi.