-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
«Se vuoi sopravvivere come writer anche quando vai al chiuso, la tua unica opzione è continuare a dipingere sulle cose che non ti appartengono». Lo scriveva Banksy su Wall and Piece e l’opera Subject to Availability (2009) – all’asta da Christie’s il prossimo 30 giugno – sembra spiegarlo molto bene. Andrà in vendita a Londra, nel corso della 20th Century Art, con una stima di £3-5 milioni ($4 – 6,9 milioni).
Un paesaggio, un vero e proprio locus amoenus con tanto di vulcano innevato sullo sfondo, è questo il soggetto del suo dipinto. Non vi sembra un lavoro di Banksy? E avete ragione, ma solo a metà. Subject to Availability appartiene alla serie delle cosiddette opere “vandalizzate”, quelle di cui il writer si appropria apportando il suo personalissimo contributo. Qui la modifica è toccata a Mount Rainier di Albert Bierstadt (1890), con una versione “deturpata” su cui Banksy inserisce un semplice asterisco: *Subject to availability for a limited period, scrive, soggetto a disponibilità per un periodo limitato.
Il messaggio è piuttosto chiaro: a causa del cambiamento climatico, a breve, un luogo come quello del dipinto non esisterà più. Sarà “soggetto a disponibilità”, per dirla con le parole di Banksy, che riscopriamo qui nella sua veste più green – e che ricalca, tra l’altro, la riflessione dello stesso Albert Bierstadt. Anche lui, il pittore originale di Mount Rainier, opponeva la bellezza della natura al grigiore della rivoluzione industriale e la metteva al sicuro imprigionandola nelle sue tele. Poteva l’irreverente Banksy lasciarsi sfuggire questa analogia?
Non che la manipolazione di lavori preesistenti sia un caso isolato, per lui. Basti pensare a Show me the Monet (2005), venduta lo scorso ottobre da Sotheby’s per quasi $10 milioni; o, in generale, a tutta la serie dei Crude Oils, da Sunflowers from Petrol Station alle interpretazioni di Singing butler di Jack Vettriano e Nighthawks di Edward Hopper. Famoso, poi, il caso dell’Autoritratto di Rembrandt all’età di 63 anni (1669), un’altra opera “vandalizzata” dall’artista, con l’aggiunta di occhi finti che ricordano i cartoon. È andata all’asta da Phillips, nel 2014, per £398,500.
Anche il curriculum di Subject to Availability merita una menzione. Fu esposta alla storica Banksy versus Bristol Museum, la mostra del 2009 autorizzata dall’artista, per poi passare di mano nel 2010 – il nuovo proprietario, pare, la acquistò direttamente da Banksy. Ed eccoci quindi al capitolo finale. Il dipinto sarà visibile nella sede di Christie’s Londra fino al 7 maggio, tra le opere esposte in Off the Wall: Basquiat to Banksy, prima di passare a giugno sotto il martello della maison.
Come un moderno Duchamp, Banksy ha messo i baffi all’arte – o gli asterischi, in questo caso. Quale sarà la risposta del mercato?