Ammettiamolo, le scene in cui i broker di Wall Street urlano al telefono, mentre osservano, con le pupille dilatate, sequenze interminabili e perlopiù incomprensibili di cifre, sigle e percentuali scorrere su una striscia di pixel luminosi, esprimono un certo fascino. In fondo, sappiamo di star assistendo al miracolo della nascita – o della morte – di quella cosa che chiamiamo valore, un concetto tanto controverso quanto affascinante, nella storia dell’essere umano. E poi, c’è anche la lungimiranza, il coraggio, l’intuito, il dubbio. Ora, magari Art Share non vi trasformerà nei nuovi Lupi della borsa ma potrebbe offrire sensazioni anche piuttosto simili. Oltre che ottime opportunità di investimento. E poi, non stiamo mica parlando di scommettere sugli sviluppi di una oscura società che produce parafulmini da tasca, nel garage dietro casa. Perché, come lascia intendere limpidamente il nome, Art Share è una nuova piattaforma online per acquistare opere d’arte – esiste un oggetto più intrigante con il quale misurare l’idea di valore? – ma in maniera condivisa, appunto.
Come? Ne abbiamo parlato con Claudio Poleschi – gallerista che da oltre quarant’anni opera nel mercato contemporaneo e che ha avuto l’idea del progetto Art Share insieme a Maurizio Fontanini, consulente legale e finanziario per le imprese – e con Fabio Cavallucci, che coordinerà un team redazionale per ampliare la portata della piattaforma grazie alla diffusione di informazioni, notizie, opinioni e approfondimenti sulle opere prospettate per l’acquisto.
La piattaforma di Art Share aprirà le sue porte in html oggi, in concomitanza con il primo giorno di Arte Fiera a Bologna (a proposito, qui la nostra anteprima) proponendo un primo parco di artisti che va da Maestri come Giorgio De Chirico, Pablo Picasso e Andy Warhol, ai contemporanei Stefano Arienti e Vedovamazzei, passando per gli storicizzati Christo, Mario Merz, Mimmo Paladino, Michelangelo Pistoletto, Ettore Spalletti. Senza dimenticare i giovani esordienti e gli artisti in aria di rivalutazione.
Art Share è la prima piattaforma online per acquistare e collezionare opere d’arte in quote. In sostanza, vuol dire che più persone possono acquistare percentuali diverse – cioè azioni – della stessa opera, giusto? In ogni caso, sembra divertente, avvincente. Un sistema del genere potrebbe intercettare l’interesse anche di un nuovo tipo di collezionismo?
Claudio Poleschi ‹‹Art Shares, la società con sede a San Marino, ha la possibilità vendere opere d’arte in quote, cosa che in Italia non avrebbe gli stessi vantaggi fiscali. Essendo Art Shares una start up innovativa, è stata premiata dal governo di San Marino con una serie di privilegi fiscali, quali la detassazione totale per i primi tre anni e una tassazione molto bassa per gli anni successivi. Inoltre, non è applicata l’IVA, purché l’operazione di acquisto venga perfezionata nel territorio della repubblica. Per questo le opere possono essere vendute a prezzi molto vantaggiosi per il collezionista.
Quindi non solo è un’operazione divertente e avvincente, ma è estremamente vantaggiosa anche per coloro che possono fare solo dei piccoli investimenti in arte, addirittura comprando quote di diversi artisti, in modo da operare come in un paniere azionario e quindi avere meno rischi sull’investimento››.
Lei coordinerà un gruppo di curatori e critici d’arte per ampliare la portata di Art Share, da piattaforma di investimento a spazio di informazione sull’arte. Che contenuti proporrete? Avete un programma di interventi critici, storici e teorici?
Fabio Cavallucci ‹‹Si sta costituendo una sorta di redazione allargata che produrrà articoli sui temi dell’economia, del mercato dell’arte, le valutazioni degli artisti, l’andamento delle aste. Ammettiamolo, da una parte è un appoggio alla parte strutturale del sito, quella delle vendite. Ma dall’altra può diventare anche un ambito di studio e di approfondimento molto importante, perché stiamo raccogliendo l’adesione di specialisti di grande livello. L’intento è di compiere ricerche vere, di prima mano. E poi nel tempo questo Journal potrà svilupparsi in direzioni inaspettate, studiare anche diverse forme di finanziamento dell’arte, immaginare nuove modalità di supporto alla creatività››.
Nella vostra esperienza di gallerista e direttore museale e curatore di mostre d’arte contemporanea, vi sarete trovati a confrontarvi con diverse tipologie di collezionisti, anche più “tradizionali”. Come potrà essere accolta da loro questa nuova dimensione “condivisa” del possesso dell’opera d’arte?
Claudio Poleschi ‹‹Con la nascita di internet, anche il mondo dell’arte ha subìto dei cambiamenti importanti. Alla fine degli anni Settanta, quando io ho iniziato questa avventura, mi ricordo che l’uscita di un catalogo d’asta era un piccolo evento e con i pochi collezionisti che vivevano nella mia città – medici, avvocati, piccoli industriali – ci ritrovavamo in galleria per avere tutte le informazioni sui prezzi degli artisti. Oggi basta un semplice clic e in pochi secondi sai tutto quello che succede in quel momento nel mondo dell’arte: mostre, biennali, aste e, la cosa forse più importante, i prezzi di aggiudicazione delle opere nelle aste. Tutti i collezionisti prima di acquistare un’opera cercano le aggiudicazioni dell’artista che vorrebbero comprare, per essere combattivi nella trattativa con il gallerista, perché in fondo tutti sperano di fare anche un buon investimento, oltre che avere il piacere di possedere una bella opera d’arte di un artista famoso. Certamente Art Share avvicinerà un nuovo tipo di collezionista, sicuramente persone più giovani, anche senza grandi mezzi economici, persone dinamiche con un senso degli investimenti rapidi e veloci››.
Fabio Cavallucci ‹‹Come tutte le cose troverà dei sostenitori e dei denigratori. Ci sarà chi considererà questo mezzo uno svilimento del collezionismo perché troppo orientato sul versante dell’investimento. In fondo con Art Share si prevede che ci siano molti investitori, ma pochi acquirenti finali.
Invece io credo proprio il contrario. Penso che Art Share, grazie alla possibilità di intervenire anche con somme di denaro modeste, amplierà enormemente il panorama di coloro che, collezionandola, sostengono l’arte. Oggi ci sono i collezionisti e ci sono gli investitori finanziari. Ma in mezzo a queste due categorie c’è una prateria immensa, milioni di persone che non appartengono né all’una né all’altra, ma che magari sono appassionati d’arte e anche non disdegnerebbero di guadagnare attraverso un investimento: Art Share offre loro di farlo anche senza grandi esborsi finanziari. Pertanto diventa una sorta di stimolatore di nuovo collezionismo, che poi è un modo per allargare il sostegno dell’arte››.
E invece, dal punto di vista degli artisti? Se il collezionismo ha contribuito a influenzare e orientare la storia dell’arte e del gusto, questa nuova modalità quali scenari potrebbe aprire?
Claudio Poleschi ‹‹È vero che il collezionismo ha spesso orientato il gusto e quindi le scelte degli artisti, ma allo stesso tempo spesso si è adattato, ha assimilato quello che gli artisti proponevano. Pensiamo ad esempio all’Arte Povera, che alla fine degli anni Sessanta fu un’arte di rottura, e ora viene acquistata per decine o centinaia di migliaia di euro. Rivolgendosi a tutti, ma anche al pubblico più giovane, è probabile che nel tempo Art Share stimolerà un collezionismo pronto a investire su artisti giovani e ricerche più innovative››.
Fabio Cavallucci ‹‹Conosco Claudio Poleschi da anni, conosco la sua generosità e la sua curiosità verso i giovani. Sono sicuro che se le cose andranno bene sul piano dei profitti, ci sarà spazio per ricerche veramente innovative. Chissà, Art Share potrebbe diventare anche uno strumento per aiutare la creatività, per produrre, dando spazio a nuove forme d’arte››.
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