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né per la contemplazione muta o per il mistico isolamento. Non ancora
perlomeno. Debbo parlare, dialogare, comunicare, capire. Debbo provare
sentimenti anche alterni per le persone e le cose” (Dadamaino)
MESSA A FUOCO
Tra le pieghe del Novecento storico in Italia, le figure femminili sono
piuttosto rare. Quelle poche che sono riuscite a ritagliarsi uno spazio in un
panorama tendenzialmente maschilista (tra gli artisti così come nella critica)
sono donne di forte personalità e temperamento; si pensi a Ketty La Rocca,
Carol Rama, Carla Accardi, Maria Lai, Carla Badiali,
Marisa Merz o Giosetta Fioroni. Enrico Crispolti, scrivendo di Bice
Lazzari, inventò per le artiste italiane il termine di “farfalle d’acciaio” per rappresentarne
la tenacia.
Dadamaino, al secolo Eduarda Maino,
può a buon diritto essere compresa tra le figure di spicco del XX secolo
italiano e in particolare degli anni ’60 in Europa, un decennio di grande
fermento intellettuale ma anche di straordinaria complessità. Gruppo Zero,
GRAV, Gruppo T, Gruppo N, Gruppo Uno, Equipo ’57: sono decine le aggregazioni
di artisti operanti in quegli anni e che condividono l’urgenza di un
rinnovamento nel campo delle arti visive. Uno scenario articolato e che probabilmente
non è stato ancora compiutamente compreso, troppo spesso liquidato nelle
generiche etichette dell’arte cinetica, programmata, concettuale o ricondotto a
poche individualità sulle quali il mercato si è finora concentrato.
MINI-BIO
Nata a Milano nel 1930, sul finire degli anni ’50 stringe una profonda
amicizia con Piero Manzoni; negli stessi anni aderisce al clima
dell’avanguardia milanese esponendo i suoi Volumi,
tele dai grandi fori ellittici nei quali si avverte l’influenza di Fontana.
Nel 1959 tiene la prima personale alla Galleria Prisma e condivide con Castellani
e Manzoni l’esperienza della rivista Azimuth,
che avviò i contatti con importanti gruppi europei come il tedesco Zero,
l’olandese Nul, il francesce Motus, favorendo le prime uscite in collettive internazionali.
La ricerca di Dadamaino si concentra sui materiali sintetici e
sull’esplorazione dei volumi come via per il superamento della bidimensionalità
della pittura tradizionale.
Nei primi anni ‘60 arrivano riconoscimenti in Italia ma ancor più in Olanda
e Germania; nel ’62 è tra i fondatori del movimento internazionale Nuova
Tendenza, che le valsero trasferte anche in terra francese e nel vivace Est
europeo.
Tra ’66 e ’68 realizza la serie dei Componibili
e avvia un’inedita esplorazione del colore.
Gli anni ’70 si aprono con un forte interesse per il segno grafico. La
cadenza della linea, il ritmo della scrittura, dopo la serie Superficie su superficie (1973) con il
ciclo L’inconscio razionale e in
seguito con L’alfabeto della mente l’artista
avvia il periodo dei reticoli e delle sequenze che mirano a superare la
modularità programmata e a indagare il caso e il gesto. Il lavoro di questi
anni, esposto in importanti gallerie (Il Cavallino, Salone Annunciata, La
Polena, Galleria Martano, Studio Grossetti), giunge a coronamento con la sala
personale alla Biennale di Venezia del 1980, occasione in cui vengono allestiti
461 lavori su tela del ciclo I fatti
della vita.
Del 1983 è la grande antologica milanese al Pac e la partecipazione ad Arte Programmata e Cinetica 1953/1963 a
Palazzo Reale, mentre nel 1985 tocca al Castello di Rivoli di Torino
comprenderla nel progetto Arte italiana
degli anni ‘60.
Proseguono nel frattempo le occasioni espositive in gallerie italiane e
straniere e nel ’90 è ancora presente alla Biennale di Venezia. Le mostre
tedesche di Esslingen nel ’95, di Zurigo nel ’96, a Palazzo Diamanti di Ferrara
nel ’97, fino all’antologica di Bochum del 2000 la confermano tra le figure di
spicco della sperimentazione europea degli anni ’60.
L’anno della sua morte, il 2004, Palazzo delle Papesse di Siena la
inserisce nell’importante retrospettiva dal titolo Zero. 1958-1968. Tra Germania e
Italia. Negli ultimi anni l’interesse per
l’opera di Dadamaino non si è affievolito e sono numerose le personali programmate
nelle gallerie italiane ma anche le collettive in spazi pubblici europei.
ANALISI DI MERCATO
Le opere di Dadamaino sono frequenti nelle aste seppure con netta
prevalenza di quelle nazionali. Va però annotato che i rari lotti apparsi in
aste straniere, olandesi e svizzere, hanno dato buoni risultati, segno probabile
di una potenzialità inespressa. A riprova di ciò stanno le numerose mostre,
spesso in spazi museali pubblici, che hanno ospitato opere di Dadamaino dopo la
morte, con particolare evidenza per l’area germanica.
La volontà programmatica di
studiare nuovi metodi d’espressione tipica di Dadamaino e dei suoi compagni
d’avventura fu condivisa a livello europeo da numerosi artisti, gruppi e
collettivi. Una sensibilità transnazionale che in Italia si è forse a torto concentrata
troppo sui singoli (segnatamente Manzoni e Castellani) perdendo di vista il
contesto generale. Non così in Germania, dove il Gruppo Zero di Piene, Mack, Uecker e Klein ha recentemente goduto di una importante
ribalta quando da Sotheby’s a Londra, nel febbraio scorso, sono passati in asta
una cinquantina di lavori provenienti dalla prestigiosa Lenz Schönberg
Collection segnando ben 19 nuovi record per gli artisti di Zero e un tasso di
invenduto insignificante.
Per Dadamaino, il culmine delle vendite si ha tra 2006-08,
con il fatturato costantemente al di sopra dei 180.000 euro e aggiudicazioni
record concentrate tra le opere degli anni ’60, come i Volumi, Oggetto ottico-dinamico, La
ricerca del colore.
Nel 2009 la crisi economica si fa sentire: raddoppiano gli
invenduti e il fatturato si dimezza ma il prezzo medio delle opere non subisce
contrazioni rispetto ad altri, indice di una buona tenuta.
Il 2010 è segnato da una netta tendenza alla crescita dei
prezzi: il numero di proposte in asta diminuisce fino un terzo dell’anno precedente
anche se nelle fiere nazionali maggiori e minori l’offerta da parte delle
gallerie è in controtendenza. Una situazione dinamica che potrebbe essere
ricondotta all’attività dell’Archivio costituito dagli eredi per
l’archiviazione delle opere e il riordino del catalogo.
Le prime opere di Dadamaino degli anni ’50 si intitolano Volumi, tele con
grandi fori ellittici in cui si avverte l’influenza di Lucio Fontana. Nel 2010 la
stima in asta per esemplari di 50×60 cm è di 40-50.000 euro (venduti a 28.000 e
25.000 euro) mentre nel 2007 la stima massima per una tela 100×80 era di 22.000
euro.
Successivamente inizia a lavorare con superfici di
materiale sintetico, nascono così Volumi a moduli sfasati, che presentano 9 passaggi in asta,
con 3 invenduti. L’ultima aggiudicazione risale al 2008 per 24.000 euro per
un’opera di 100×70 cm, mentre nel 2007 stimavano a 8.000 euro opere di
dimensioni minori basandosi su aggiudicazioni di inizio 2000, quando però
venivano proposte con stima raddoppiata (17.000 euro).
Le serie degli anni ’60 Oggetto
dinamico, Componibili fino alle sequenze cromatiche de La ricerca
sul colore hanno le migliori aggiudicazioni intorno ai 20.000 euro. Le opere
dagli anni ’70 in poi si assestano poco sopra ai 10.000 anche se l’andamento
dei prezzi è abbastanza discontinuo. Il ciclo L’inconscio razionale del 1975presenta
8 passaggi in asta; degli esemplari 70x70cm il prezzo sale dai 4.500 euro del
2004 agli 11.000 euro del 2008, mentre per le dimensioni 100x100cm il prezzo oscilla
tra 12-14.000 euro del 2006. Cromorilievo, due rilievi su tavola laccati in nero o bianco degli anni 70,
sono stati venduti nel 2007 a 8.000 euro e nel 2010 a 13.000 euro.
È interessante notare che
alcuni lavori recenti, segnatamente le scritture a china su poliestere
presentati alla Biennale del ’90 con il titolo Il movimento delle cose,
spesso in asta superano le stime allineandosi ai lavori storici. Anche le chine
tarde, del ’96 e titolate Sein und Zeit, hanno una forbice variabile dai
5 agli 11.500 euro. In prospettiva questi lavori segnici sembrano costituire un
ottimo investimento.
CONCLUSIONI
Le alte quotazioni via via raggiunte da Fontana, Manzoni e Castellani
hanno probabilmente aperto le porte a una nuova stagione di revisione critica
sugli anni ’60 che consentirà di far riemergere alcune figure di spicco di
quegli anni. È successo per Bonalumi e Alviani ma anche su Gianni
Colombo vi è stato interesse. I nomi nel cono d’ombra sono tanti (Lo
Savio, Anceschi, Varisco, Biggi, Carrino, Biasi,
Massironi…) e Dadamaino è tra quelli con la produzione più articolata
e condotta all’insegna di una sintesi radicale che la rendono ancora attuale.
Gli eredi dell’artista hanno recentemente (2004) costituito l’Archivio (www.archiviodadamaino.it) che ha
incaricato un comitato scientifico di procedere al riordino, archiviazione,
catalogazione e autentica delle opere, primo passo per la pubblicazione di un
catalogo ragionato, attualmente previsto tra 3-4 anni.
Pro: ampia produzione di qualità in varie fasce di prezzo anche negli
ultimi anni, credito diffuso in ambito europeo, buone prospettive indotte dal
lavoro di archiviazione e documentazione in corso.
Contro: dispersione delle opere anche in contesti periferici, forti
oscillazioni di prezzo, ridotta bibliografia storica e critica (Flaminio
Gualdoni è colui che maggiormente ha contribuito alla diffusione dell’opera di
Dadamaino nonché direttore tecnico scientifico dell’Archivio).
Alcune gallerie di riferimento: Galleria Carlina (Torino), Studio
Gariboldi (Milano), Grossetti Arte Contemporanea (Milano), Marchese Arte
Contemporanea (Prato), Matteo Lampertico (Milano), Galleria Spazia (Bologna).
Con
Piero Manzoni a Bologna
Con
Francesco Candeloro a Padova
Cono
d’ombra: Vincenzo Agnetti
Cono
d’ombra: Gino De Dominicis
alfredo sigolo e martina gambillara
[exibart]
tra le gallerie di riferimento è doveroso indicare Studio Invernizzi probabilmente l’unica galleria che -come Grossetti- ha lavorato e lavora con l’artista
per le altre si tratta principalmente di mercato di seconda mano
di seconda mano come la graziano menolascina di monti a roma…