Categorie: Mercato

cono d’ombra | Vincenzo Agnetti: un caso pre-poverista

di - 16 Luglio 2010
La cultura è l’apprendimento del dimenticare (Vincenzo Agnetti)

MESSA A FUOCO

Vincenzo Agnetti (Milano, 1926-1981) è stato uno degli artefici delle
riflessioni che negli anni ’60 anticiparono la grande stagione dell’Arte
Povera, e da molti è considerato il padre dell’Arte Concettuale in Italia. Uomo
di cultura e intellettuale a tutto tondo, affrontò criticamente temi stringenti
della contemporaneità: la logiche della comunicazione, le convenzioni
linguistiche, l’esercizio del potere, la definizione del reale, tutte questioni
che – a quasi trent’anni dalla morte – appaiono ancora attuali e pregnanti.

I germi del suo celebre Libro dimenticato a memoria (1969), emendato di tutto lo
spazio scritto, si leggono già nel romanzo pubblicato nel 1968 per Vanni
Scheiwiller, Obsoleto, dove – oltre a sovvertire tutte le logiche grammaticali e della
sintassi – compaiono disegni, pagine nere, abrasioni e cancellature.

Alberto Mugnaini ha definito la sua ricerca “sospesa
tra premesse di razionalità stringente e risvolti di imprevedibile poeticità”
(Flash Art). Costante, durante tutta la
carriera, è stata una certa tendenza riduzionista, volta a esplorare le
potenzialità intrinseche del linguaggio: nei Feltri (1968-71) incide frasi lapidarie,
nella bachelite nera affermazioni paradossali (Assiomi, 1968-74).


Fondamentale, in questo senso, è la scissione e la messa
in crisi della dualità costituita da medium e messaggio. Nel 1968 presenta La
macchina drogata
,
una calcolatrice Olivetti cui sostituisce i martelletti numerici con quelli
alfabetici; nel 1970 inventa Neg, un meccanismo che elimina il suono isolando le pause e i
silenzi.

Del 1973 è Progetto per un Amleto politico, una delle sue opere più celebri,
costituita da una serie di riproduzioni fotografiche di bandiere che,
nell’installazione originaria, prevedeva al centro un podio dal quale una voce
recitava senza sosta la numerazione da uno a dieci: il cambio di intonazione
rappresentava l’unica verità possibile rispetto all’ambiguità del linguaggio.

La sua vivacità intellettuale, la sua creatività e ironia
si dimostrano anche negli ultimi anni quando realizza le Foto-graffie (1979-81) incidendo la superficie
della carta fotosensibile annerita dall’esposizione alla luce.

MINI-BIO

Nel ’57 collabora ad Azimuth con Manzoni, Castellani, Anceschi e gli altri del gruppo. Si dedica
alla scrittura, collabora con Scheiwiller, viaggia negli Stati Uniti. Il
momento centrale della sua carriera nelle arti visive si colloca a partire dal
1967, data che segna anche una sua importante mostra a Palazzo Diamanti di
Ferrara. Dello stesso periodo è Principia (1967), esempio della cosiddetta “scrittura
permutabile
”, pannelli in legno dotati di
elementi mobili che con il loro scorrere mutano il senso delle parole inscritte
sulle superfici.

È tra i pochi italiani che può vantare la partecipazione a
Documenta Kassel (l’edizione V) e alla Biennale di San Paolo, mentre sono ben 4
gli inviti alla Biennale di Venezia (1973, 1976, 1978 e 1980).

Nel 1978 torna alla letteratura con la raccolta di poesie Machiavelli
30
. L’ultimo suo
lavoro è Lucernario del 1981, metafora della nascita e della morte nell’alternanza del
giorno e della notte.

Nel 2008 il Mart di Rovereto lo ha celebrato dedicandogli
la prima retrospettiva museale, curata da Achille Bonito Oliva e Giorgio
Verzotti.

ANALISI DI MERCATO

Le transazioni di Vincenzo Agnetti si svolgono
principalmente nelle case d’asta italiane.

Su 93 passaggi all’asta in totale, solo 28 lotti risultano
invenduti. Il fatturato maggiore ricavato dalle aste proviene dalla pittura
(292.606 euro), con un totale di 31 lotti venduti all’asta, seguito da scultura
(83.172 euro), acquerello (42.812 euro), fotografia (35.562 euro) e stampa
(13.972 euro).


La pittura presenta un alto tasso di invenduto (il 40%)
contro il 10-20% delle altre tecniche. I prezzi sono omogeneamente distribuiti
in un range che arriva fino ai 30.000 euro di Piacevole e compiaciuta farsi
fotografare in braccio a se stessa
del 1970, tecnica mista di 118×80 cm, venduta nel 2009
oltre la stima massima di 22.000 euro.


In generale si può osservare che i prezzi di
aggiudicazione sono aderenti alle stime pre-vendita e uno scostamento da esse
avviene solo nel caso dei lavori di maggiori dimensioni.

Maggiormente premiati sono i feltri di inizio anni ’70 nel
confronto con gli Assiomi (1968-74), incisioni su bachelite, che presentano un alto
tasso di invenduto (55%) e prezzi di molto inferiori.

Tra gli Assiomi, quelli 80×80 cm vengono stimati 4.000 euro nel 1998 ma
quelli più diffusi sono i 70×70 cm, generalmente stimati trai i 2-5.000 euro.
L’aggiudicazione di uno di questi nel 2004 a 9.500 euro segna un aumento di
prezzo di questa produzione del 300% e porta a innalzare le stime delle aste
successive, provocando dei risultati di invenduto.

Tra il 1994 e il 1997 una brusca contrazione delle vendite
all’asta inciderà sui prezzi dell’anno successivo, che presenta lo stesso
numero di vendite del 2009 ma con un fatturato di sei volte inferiore.

Negli ultimi cinque anni il prezzo medio delle opere
pittoriche è costante e stabile, senza seguire le flessioni generali del
mercato dell’arte o senza subire brusche accelerate. La sensazione è che
Agnetti sia artista seguito da un collezionismo informato e specializzato, il
che rende il suo mercato solido ma anche avverso a brusche oscillazioni.


Per quanto riguarda i lavori
tridimensionali, a parte il top price di 18.000 euro nel 2000 per un’opera fondamentale com’è Permutabile, i prezzi si attestano sotto la linea dei 9.000 euro fino
ad arrivare ai multipli che vengono stimati tra i 300 e 500 euro.

La fotografia invece è l’unico segmento che presenta un
30% di vendite a Londra. Le opere proposte in asta sono pienamente rappresentative
della sua ricerca artistica, elemento ricompensato con l’assenza di lotti
invenduti e prezzi di aggiudicazione regolarmente al di sopra delle stime.

Le stampe, serigrafie, litografie vendute
all’asta hanno un range di prezzo molto vario, che va dagli 11.000 euro per la
stampa Progetto per un Amleto politico, Svezia (1973) nel 2005 ai 150 euro,
vendute tutte entro le stime.

I suoi acquerelli più recenti (datati 1980)
non superano i 3.000 euro, spesso assegnati al di sotto della loro stima minima.
Tre acquerelli del 1972 intitolati Dati due istanti-lavoro… venduti dal 1990
al 2006 hanno mantenuto il loro prezzo sulla soglia dei 6.000 euro.

A margine si segnala una certa disponibilità
sul mercato di opere letterarie e libri d’artista a prezzi interessanti: Obsoleto, il romanzo del ’68
edito da Scheiwiller dove Agnetti elabora la progressiva disintegrazione della
parola fino a comprometterne la leggibilità, è offerto a 350 euro.


CONCLUSIONI

Indicazioni: Agnetti è artista trasversale sia rispetto ai
movimenti del Concettuale che dell’Arte Povera, sia agli ambiti della cultura,
tra arti visive e letteratura. Può essere considerato a buon diritto una sorta
di anello mancante del panorama artistico italiano del Novecento. Proprio per
questo qualsiasi collezione che ambisca a documentare la stagione degli anni
’60 e ’70 non può prescindere dall’opera di questo artista.

Pro: valore storico
riconosciuto, curriculum di rilievo, solidità sul mercato, collezionismo
attento e non modaiolo, varietà dei lavori per tecniche e prezzo.

Contro: scarsa
popolarità, offerta di qualità alterna, alcuni lavori, per tipologia o
materiale, possono non essere di facile conservazione.

Alcune gallerie di
riferimento: White Project (Pescara), Studio Gian Galeazzo Visconti (Milano),
Osart (Milano), Ca’ di Fra’ (Milano), Galleria Blu (Milano), Ronald Feldman
(New York). Per i libri: Giorgio Maffei (Torino) o www.maremagnum.com.

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