77mila visitatori per 4 giorni di fiera. Nemmeno nelle edizione migliori delle più importanti fiere europee si registra un così alto numero di ingressi. Parliamo di Contemporary Istanbul, che dichiara anche un 72 per cento di tutte le opere d’arte in fiera vendute, con un totale fatturato di 67 milioni di euro.
108 gallerie provenienti da 23 Paesi, 520 artisti, oltre mille collezionisti stranieri invitati e, appunto, un’impennata delle vendite del 30 per cento rispetto alla media delle fiere internazionali, che marca il risultato migliore di tutte le nome edizioni della manifestazione. Ali Güreli, Presidente della fiera, ha spiegato che «Istanbul si prepara a mettersi sulla linea delle principali città d’arte e cultura contemporanea del mondo come Parigi, Londra, New York e Berlino. La globalizzazione che avvolge il mondo è possibile solo con la tutela dei valori locali, per questo l’arte contemporanea turca sta ottenendo sempre più successo».
E c’è da crederci, anche per quello che hanno riportato due categorie decisamente invischiate nella manifestazione: quella dei galleristi e quella dei collezionisti.
Michael L. Gitltz della Malborough Gallery di New York ha dichiarato: «Contemporary Istanbul sta diventando una meta davvero mondiale per i collezionisti e per le gallerie. Ci sono energia e intelligenza molto incoraggianti».
Da Parigi invece Susanne Van Hagen, collezionista e fondatore del gruppo di collectors Tokyo Art Club, del Palais de Tokyo: «Un’eccellente programma VIP! Posso dire che è il migliore tra tutti quelli delle fiere internazionali a cui ho partecipato. I membri di Tokyo Art Club sono stati sopraffatti». Se il mercato invece va a Oriente, come pare, c’è ben poco da sopraffarsi: in fondo è solo la conferma di una grande capacità che l’Europa, per certi versi, pare proprio aver perso.