-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Roma, 31 maggio 2022: un’opera di piccole dimensioni – ma di esecuzione impeccabile – sfila all’incanto da Finarte, nel corso della vendita di Dipinti e Disegni Antichi. È l’Ascensione di Cristo del manierista Tommaso Manzuoli, detto Maso da San Friano (Firenze 1531-1571), uno studio per una pala d’altare della chiesa di Santa Maria del Carmine, a Firenze. Il bozzetto – così evidentemente debitore del Pontormo e giunto alla casa d’aste senza nome – è stato identificato dagli esperti, inserito in catalogo e poi aggiudicato dopo alcuni rilanci. Fine dei giochi, con il passaggio indisturbato da una collezione all’altra, tra le pieghe della storia? È stato questo lo sprazzo di luce, l’attimo fuggente lontano dai buchi neri del collezionismo privato? Non stavolta, pare. Ad acquistare la tavola, la scorsa primavera, è stata l’Associazione Amici degli Uffizi, che ha preso parte alla bidding battle – contro il critico Vittorio Sgarbi, dall’altro capo del telefono – per poi donare il bottino all’istituzione fiorentina. In altre parole: per darle vita nuova, per restituirla allo sguardo del grande pubblico internazionale.
«Ci è bastata una buona immagine per capire la qualità eccezionale del dipinto, giunto a noi senza nome ma in eccellente stato conservativo», rivela Valentina Ciancio, responsabile del dipartimento Old Master di Finarte, ripensando al primo incontro con l’opera. «Riconoscere l’autore della tavoletta e scoprire la sua storia avventurosa è stata una straordinaria sorpresa», aggiunge, spiegando che fino alla scorsa primavera il dipinto fosse noto agli studiosi solo tramite una vecchia fotografia in bianco e nero con l’indicazione “collezione privata, Genova (?)”. Non del tutto corretto, in effetti: il lavoro di Maso era custodito a Bergamo, nella camera da letto dei nonni di un giovane che, per ragioni di eredità, ha contattato Finarte. Da lì, la scoperta. «Con il venditore siamo orgogliosi che l’opera possa tornare dopo secoli a Firenze», spiega, «e in particolar modo agli Uffizi, dove potrà essere ammirata dai visitatori di tutto il mondo per il suo valore e la sua storia».
Non manca, per finire un plauso al ruolo dell’Istituzione: «Un ringraziamento particolare va al direttore, Eike Schmidt, vero e proprio deus ex machina di questa bellissima operazione culturale che – prima ancora della notifica – ha deciso di partecipare all’asta grazie al sostegno fattivo dell’Associazione Amici degli Uffizi, gratificando il nostro lavoro di esperti e cacciatori di quadri alla ricerca del bello». Una storia a lieto fine, si diceva.