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Di mostre, di aste. Intervista con Mariolina Bassetti, Presidente di Christie’s Italia
Mercato
Due aste, online, raggiungibili ben oltre i confini nazionali. Un’unica mostra, dal vivo, tra le sale eleganti di Palazzo Clerici a Milano. Nel pieno delle celebrazioni per i 65 anni di attività in Italia, Christie’s torna in scena con un format ormai consolidato, i riflettori puntati sui grandi maestri del Novecento, da Alighiero Boetti a Christo, con incursioni dal passato glorioso al più vivido presente internazionale. Segnatevi queste coordinate: 20th/21st Century: Milan Online Sale (vendita online dal 17 al 31 maggio), Centuries of Beauty – A Refined Private Collection (vendita online dal 24 maggio al 7 giugno). E poi ovviamente la grande esposizione in corso nel cuore di Milano, aperta al pubblico fino a sabato 27 maggio, senza limiti tra una natura morta di Alberto Magnelli e Le lavandaie della cerchia di Jean-Honoré Fragonard. Ne abbiamo parlato con Mariolina Bassetti, Presidente di Christie’s Italia.
Intervista con Mariolina Bassetti, Chairman, Post-War & Contemporary Art, Continental Europe, and Chairman, Christie’s Italy
La prima domanda è quasi d’obbligo, per una realtà che festeggia quest’anno i suoi 65 anni di attività in Italia: una panoramica generale sul mercato dell’arte nazionale, tra tradizione e innovazione.
«Sicuramente, soprattutto guardando indietro, l’arte italiana ha fatto dei passi da gigante rispetto al mercato di qualche anno fa. Basti pensare alle aste dedicate all’arte italiana all’estero, al format Thinking Italian a Londra e, più di recente, a Parigi. Il primo incanto di arte italiana a Londra, nel 2006, totalizzava 4 milioni e mezzo di sterline, mentre oggi l’ultima vendita ha chiuso con 33 milioni di euro. Questo significa che l’arte italiana ha tutto un altro peso, ormai, a livello internazionale».
E qual è stato il punto di svolta, secondo lei? Da cosa è dipeso questo cambiamento?
«C’è stata una diffusione, anzi, una vera e propria educazione all’arte italiana, con la riscoperta di certi artisti nostrani e della loro influenza rispetto alle evoluzioni dell’ultimo secolo. Dal Futurismo fino al Gruppo Azimuth, o ancora l’Arte Povera, vale a dire quei movimenti che in passato erano stati poco promossi fuori dai confini. Sicuramente le aste dedicate all’arte italiana hanno contribuito in questo senso, ne hanno favorito la valorizzazione. Penso poi ad alcuni storici dell’arte – e in primo luogo a Celant, con la mostra The Italian Metamorphosis a New York, la mostra sull’arte italiana a Parigi, e così a Londra… Sono stati senza dubbio tre momenti fondamentali per la riscoperta dell’arte italiana nel mondo. Dal punto di vista economico poi è stata tutta una conseguenza: dall’estero c’è stata un’attenzione sempre più forte, sempre più mirata verso i nomi italiani – che tra l’altro avevano dei prezzi molto più economici rispetto ai corrispettivi internazionali. È cambiata la visione: prima andavamo a New York e vedevamo Boccioni, De Chirico, se eravamo fortunati anche Balla; oggi esiste Magazzino (che sta peraltro per aprire un secondo padiglione) e c’è il CIMA, il Center for Italian Modern Art proprio al centro di SoHo. L’arte italiana inizia a ricoprire un posto decisamente importante».
Qual è il rapporto di Milano rispetto alle altre capitali dell’arte europee (penso in particolare a Parigi, al suo exploit incredibile degli ultimi anni)? Che cosa la avvicina e che cosa invece la allontana da quel tipo di espansione?
«Milano è indubbiamente importante: c’è la moda, c’è il Salone del Mobile, ci sono grandi capacità creative per quanto riguarda tutto il settore degli eventi. È il punto di riferimento per i collezionisti stranieri in cerca di arte italiana di qualità – siano essi privati, musei o mercanti. Però è diversa da Parigi, anche per il semplice fatto che dall’Italia opere di importanza storicamente altissima non possono uscire. Purtroppo dal 1939 tutto ciò che ha più di 50 anni ha bisogno di una licenza per lasciare il territorio nazionale (limite poi spostato a 70 anni). Agli occhi del mondo questo non è comprensibile, vincola il mercato e quindi l’importanza dell’arte italiana su un palcoscenico internazionale. Ed è il motivo per cui non Milano, ma Parigi ha assunto, dopo la Brexit, un ruolo fondamentale».
E arriviamo così al presente con le due aste in corso. Avete scelto ancora una volta il format web only, è chiaro che non sia un mero retaggio della pandemia…
«Da Christie’s diamo un grande valore al contatto con i nostri clienti, un contatto che garantiamo con esposizioni tra Roma e Milano – o più di recente anche a Napoli, come prevediamo di fare a giugno. Investiamo davvero molto in questo. C’è da dire poi che in generale le aste online hanno un enorme vantaggio rispetto a quelle “tradizionali”, perchè permettono al compratore di riflettere di più, ci sono di fatto due settimane per posizionare le proprie offerte. Inoltre abbiamo verificato che il 35% dei nuovi offerenti provengono dalle aste online e che, di questo 35%, il 32% sono i giovani che si affacciano al mondo dell’arte. Sono collezionisti preziosi per Christie’s, rappresentano il futuro. Insomma, una soluzione nata per far fronte a un momento di urgenza si è trasformata in uno strumento efficiente e duraturo – che ben si accompagna alle nostre esposizioni, come quella in corso a Palazzo Clerici».
La 20th/21st Century: Milan Online Sale in particolare punta i riflettori sui grandi maestri italiani e internazionali. Qual è il pezzo forte della selezione?
«Sicuramente l’opera più importante che presenteremo – e a cui io tengo moltissimo – è un meraviglioso Schifano del 1960. Un monocromo giallo che è stato anche esposto alla famosa mostra della Pilotta del 1974, dove sono stati presentati i lavori più gloriosi del maestro in quel momento. Nel curriculum di un’opera di Schifano, questa partecipazione ha di certo un grande peso».
Magnelli invece – che proprio da Christie’s, nel 2007, fissava il suo record da £ 1,5 milioni – è tra i top lot della vendita Centuries of Beauty – A Refined Private Collection. Ci racconta qualche dettaglio?
«Partirei dalla collezione, ci tengo a dire che si tratta di una raccolta con stime particolarmente appropriate. Ci sono opere di grande qualità anche a prezzi non elevati, provengono da un collezionista che amava moltissimo le nature morte. È il caso di questo dipinto, datato 1914. Sappiamo che Magnelli è un artista italo-francese, che nasce a Firenze, ma svolge molta della sua attività artistica a Parigi, partecipando ai grandi movimenti che sono vissuti a Parigi in quegli anni. Nel 1914 affronta la fase cubista e quest’opera rappresenta una nicchia nella sua produzione. La stima – come dicevo – è particolarmente appetibile. Vedremo cosa succederà durante l’asta».
C’è qualche lotto che già raccoglie un interesse particolare sul web?
«In genere gli interessi si scatenano più verso la fine, in questo l’asta online è molto simile all’evento live, più tradizionale. Quello che posso sicuramente constatare è che tutti i Boetti sono già praticamente venduti, con bid ben al di sopra delle stime – come devo dire succede spesso negli incanti online degli ultimi anni».
Siamo reduci da settimane bollenti tra i grattacieli di Manhattan. Possiamo ravvisare qualche riverbero dei grandi trend internazionali in queste due aste “nostrane”?
«Il trend internazionale influenza sempre quello italiano, quindi mi aspetto in generale dei risultati forti. Quello che ho notato nelle aste di New York – ed è un fattore che noto sempre, ma che in questo frangente è particolarmente significativo – è che sia fondamentale stimare appropriatamente le opere. Una stima troppo alta in questo momento è di sicuro un fallimento, le valutazioni devono sempre essere ben calibrate».
Mi piace chiudere con una domanda più personale. Il suo lotto preferito tra quelli esposti fino al 27 maggio a Palazzo Clerici, a Milano.
«Amo particolarmente un piccolo Boetti color arancio, monocromo, dove con le solite modalità dell’artista si compone la scritta “svelare e rivelare”. Spero abbia un risultato ottimo, è un piccolo gioiello che merita di essere apprezzato».