Poco importa sfoggiare un Magritte da $ 121,2 milioni, un capolavoro assoluto pari a quello attualmente esposto al Centre Pompidou di Parigi, o a quello in pianta stabile alla Peggy Guggenheim Collection. È anche la prima opera a sfondare il tetto dei $ 100 milioni quest’anno, sotto il martello delle aste. Ma poco importa, ancora. Perché se nella stessa settimana di fuoco, tra i grattacieli di Manhattan, la controparte sfodera una banana con uno strappo di scotch e la assegna per $ 6,2 milioni al tycoon delle criptovalute Justin Sun, allora non è la fantomatica crisi dell’art market, lo stato delle vendite, a far parlare di sé. Nossignore. A rimbombare sono l’indignazione («ah, questa è arte?»), poi a ruota l’entusiasmo contagioso («è un genio», a sostenerlo sono sostanzialmente gli addetti ai lavori), quasi una disforia collettiva perchè tutti – tutti – ne hanno sentito parlare, anche chi di Sotheby’s, di Christie’s, di buyer’s premium, garanzie e vendite white glove non si era mai interessato finora. E ben venga, s’intenda, se il valore dell’arte torna materia di vivida discussione. Ma al di là di banane e querelle: era la resa dei conti del mercato, stavolta, sotto il cielo plumbeo di New York. Sono trascorsi oltre tre mesi da quell’articolo del Financial Times che urlava a gran voce la parola “crisi”, sospirata già da tempo tra corridoi e salesroom, con una Sotheby’s che «crolla» (-25% delle vendite all’incanto rispetto al primo semestre 2023, lo riportava a settembre il FT) e la competitor Christie’s che «soffre» per il rallentamento delle aste (-22% a confronto con lo stesso segmento 2023). Più di recente, il sempre attesissimo The Art Basel & UBS Report a firma di Clare McAndrew decretava che «uno dei principali fattori trainanti del rallentamento del mercato nel 2023 è stata una contrazione delle vendite delle opere più costose all’asta, in particolare quelle vendute per oltre $ 10 milioni». Tradotto: quelle che passano nelle sessioni di Sotheby’s e di Christie’s, nella settimana roboante di New York.
Quindi, la prova del nove. Ha iniziato Sotheby’s il 18 novembre, e lo ha fatto col botto, proprio niente da dire. Guanti bianchi, il 100% del venduto, oltre il 50% dei lotti sopra le stime alte per la collezione di Sydell Miller, incluse le Ninfee di Monet da $ 65,5 milioni, aggiudicate dopo una bidding battle sofferta di 17 minuti in sala. Finale di partita? $ 216 milioni (con diritti), ben oltre la stima bassa di $ 169,5 – lunga vita, ancora una volta, alle single-owner sales. Seguiti a ruota dai $ 92,9 milioni della tradizionale Modern Evening Auction (con uno straordinario tavolo di François-Xavier Lalanne che ha moltiplicato i pronostici fino a $11,6 milioni e La Grande Dame di Leonora Carrington passata di mano per $ 11,38 milioni), per un totale combinato, brillante di $ 309 milioni, oltre il 30% in più rispetto al 2023. Insomma, ottimo primo round. Altri punti luce: ovviamente L’empire des lumières di Magritte da $ 121,2 milioni da Christie’s, dalla collezione della interior designer e filantropa Mica Ertegun, assegnato al Rockefeller Center dopo 10 minuti di rilanci; ovviamente la – ultra blasonata, o bistrattata, a seconda dei casi – banana Comedian di Maurizio Cattelan, sfoggiata da Sotheby’s il 20 novembre nel corso della The Now and Contemporary Evening Auction (la presentavamo in questo articolo). «È la banana più costosa del mondo», commenta con il solito humor l’auctioneer Oliver Barker, che l’ha battuta a partire da una stima di $ 1-1,5 milioni. Ci limitiamo a dire: $ 6,2 milioni, il resto è già storia.
Ma i risultati non sono stati tutti bianchi o tutti neri, sui rostri patinati di New York. Nota a margine ovvia: i final prices includono il buyer’s premium, le stime pre-incanto mai, che significa che i risultati finali sono a rigor di logica sempre avvantaggiati. Delle sette evening sales organizzate da Sotheby’s, Christie’s e Phillips, due hanno superato gli obiettivi di prevendita, due sono rimaste al di sotto delle stime basse e tre hanno chiuso nei parametri attesi, tra garanzie e copertura jolly di «irrevocable bids». Prendiamo l’asta di Sotheby’s, la stessa della mitica banana: Women in Tub di Jeff Koons, anno 1988, che non compariva sul mercato dal lontano 2001 ed è stata esposta nei musei più importanti in giro per il globo, è finita invenduta. La stima era di $ 10-15 milioni. Così come il Basquiat da $ 10 milioni di Phillips e lo straordinario Torse de jeune fille di Matisse da $ 12.000-18.000 milioni da Sotheby’s, solo per citare alcuni dei flop più rumorosi – ma smorzati dal clamore di Comedian. Unsold, unsold.
D’altra parte, non sono mancati gli exploit oltre le stime, per collectors sempre presenti, sempre disposti a spendere – a discapito delle premesse di inizio 2024 – ma sempre più esigenti, a caccia di capolavori e di opere davvero rare. Vedi da Sotheby’s i disegni di Roy Lichtenstein, con Oval Office (study) che ha moltiplicato da $ 1-1,2 milioni fino al tetto di $ 4,2 milioni. Per un disegno, chapeau. Vedi ancora il nuovo world record per il sogno americano di Ed Ruscha, quella Standard Station, Ten-Cent Western Being Torn in Half, rossa brillante, andata da Christie’s per $ 68,3 milioni. Poi un risultato importante per la fotografia: uno scatto di William Eggleston, Untitled, 1971-1974, ha superato tutti i pronostici e ha fissato un nuovo traguardo a $ 1,4 milioni.
Alla fine dei giochi, il bottino delle case d’aste – Christie’s, Sotheby’s e Phillips, tutte insieme – ha fruttato un totale di $ 1,3 miliardi, in calo rispetto agli $ 1,8 miliardi del 2023. Luci e ombre, come nel capolavoro da record di Magritte. Che resta di fatto la superstar assoluta degli incanti di New York – almeno in numeri, a scanso di scivoloni.
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