Art Basel Hong Kong 2025. Courtesy of Art Basel
Apre i battenti il 26 marzo Art Basel Hong Kong, la prima delle fiere-sorelle targate Art Basel ad avviare il calendario 2025 – seguono come sempre Basilea a giugno, Parigi a ottobre e Miami a dicembre. Oggi il primissimo giorno di preview, poi l’apertura ufficiale al pubblico da venerdì a domenica 30 marzo. Con la direttrice Angelle Siyang-Le alla guida, 240 gallerie da 42 Paesi (inclusi 23 debutti) e un perfetto mix tra global e local, come da tradizione ormai consolidata.
Si parte dalla sezione principale, Galleries, tutti presenti all’appello i giganti blue chip, da Gagosian a Thaddaeus Ropac ad Hauser & Wirth. Il colosso David Zwirner porta tra gli altri Morning Sun di Luc Tuymans, che «dimostra l’impegno dell’artista con il genere del paesaggio, in cui spesso mette in primo piano una dicotomia tra il naturale e il sintetico, tra crescita e disintegrazione». Si basa su una fotografia di Shanghai trovata sul Financial Times in cui lo skyline moderno è intravisto attraverso il reticolo di un ponte in ferro battuto. Il risultato: una città lontana che risplende come un’apparizione futuristica sopra il fiume torbido. Pace Gallery mette in risalto un dipinto di grandi dimensioni di Matta (si intitola Tail-cock party, del 1970, e sottolinea ancora una volta l’interesse globale e crescente dei collezionisti per Matta) insieme a opere contemporanee di Loie Hollowell, Alicja Kwade, Lee Ufan, Li Hei Di, Arlene Shechet, Kiki Smith. Il tutto in perfetto dialogo con i lavori degli artisti che vivono e lavorano in Cina – a proposito di sguardo glocal – tra cui Hong Hao, Li Songsong, Song Dong, Yin Xiuzhen e Zhang Xiaogang.
Occhi puntati su Dirimart, la galleria di Istanbul che ha da poco aperto la sua sede anche nel cuore di Londra: a Hong Kong presenta Intersections al booth 1D45, una vetrina eterogenea che riunisce un ensemble di lavori di Çiğdem Aky, Nuri Bilge Ceylan, Ayşe Erkmen, Güçlü Öztekin, Seçkin Pirim, Emma Stern, Çağla Ulusoy, Berke Yazıcıoğlu e Peter Zimmermann. «Intersections esplora i temi dell’identità culturale e dell’ibridazione», spiegano dalla galleria, «attraverso una vasta gamma di pratiche artistiche, con ogni opera che offre narrazioni che invitano alla riflessione sul ruolo dell’arte nel creare un ponte tra le culture. Mentre la selezione unisce questi artisti attraverso la loro attenzione comune all’identità culturale, le tecniche utilizzate differiscono notevolmente, spaziando dalla fotografia e dalla pittura all’arte digitale e alla scultura. Esaminando l’interconnessione delle identità globali, Intersections innesca un dialogo che trascende i confini culturali e geografici». Altri nomi internazionali tra i booth: Peres Projects, Mendes Wood DM,
All’appello anche tanti nomi italiani, dal colosso internazionale MASSIMODECARLO a Tornabuoni Art, passando per Galleria d’Arte Maggiore G.A.M., Galleria Massimo Minini, Francesca Minini, Alfonso Artiaco, Lia Rumma e Galleria Franco Noero. La bolognese P420, al booth 3E17, punta i riflettori su Irma Blank, che dall’inizio della carriera si è subito concentrata – come dice lei stessa – «sulla scrittura, spogliandola di senso per caricarla di altri valori. Una scrittura purificata dal senso, un segno automatico che dà voce al silenzio». Presenti a Hong Kong, tra gli altri, nel solo project di Blank, Eigenschriften del 1968 ed Eigenschriften, Spazio A-13 del 1970.
Non solo: a più di un decennio dalla prima partecipazione della galleria nel 2014, Mazzoleni torna ad Art Basel Hong Kong con una bella schiera di artisti internazionali e italiani del XX secolo, tra cui Giorgio de Chirico, Giorgio Morandi, Lucio Fontana, Enrico Castellani, Agostino Bonalumi e Salvo. Tra le superstar dello stand anche Senza titolo (1988) di Salvo, una luminosa rappresentazione su larga scala (misura 150 x 200 cm) di un paesaggio urbano, dove l’architettura e gli elementi cittadini si trasformano in una suggestiva sinfonia di luce, forma e colore. Altri nomi nostrani: Cardi Gallery, allo stand 3E10, è in fiera con una selezione di artisti tra cui Giorgio De Chirico, Max Ernst, Giorgio Morandi, Mimmo Paladino e Yves Tanguy. E così Galleria Continua espone Ahmed Mater, Anish Kapoor, Carlos Cruz-Diez, Giovanni Ozzola, Hans Op de Beeck, Juan Araujo, Julio Le Parc, JR, Loris Cecchini, Michelangelo Pistoletto, Tobias Rehberger e Yoan Capote.
Nel settore Discoveries, tra gli stand, incontriamo Umberto Di Marino con Contadini interiori, un progetto di Luca Francesconi che «si addentra nelle intricate linee del pensiero e della storia umana, indagando da una posizione decentrata le relazioni tra agricoltura e demografia, nutrizione e pensiero, individualità e collettività, oggetto e opera d’arte in un mondo alla fine della modernità globale e occidentale». Da segnalare poi senz’altro un numero mai visto di progetti esposti nel settore Kabinett, sono ben 36 quest’anno – 21 realizzati da nomi dell’Asia-Pacifico e 15 dal resto del mondo. Incluso un gruppo di dipinti a inchiostro che riunisce opere di artisti del periodo post-Mao (tra cui Liu Dan, Li Jin e Yang Jiechang, a presentarli è Ink Studio), e poi ancora una serie di sculture e disegni in cartone del defunto Vũ Dân Tân, che esplora il concetto di indumento inteso come armatura (in mostra da 10 Chancery Lane Gallery).
È solo l’inizio. Tra le anteprime assolute di ABHK – come piace chiamarla agli addetti ai lavori – una menzione speciale va al settore Film, che con il programma In Space, It’s Always Night esplora questa settimana temi caldi del presente, a partire dall’identità queer. Due proiezioni per tutte: Vampires in Space (2022) di Isadora Neves Marques, che segue una famiglia di vampiri in viaggio verso un esopianeta simile alla Terra (presentato da Umberto Di Marino); e ancora Good Society (2024) del duo di londinesi Hannah Quinlan e Rosie Hastings,occhi puntati qui sulla vita queer a Berlino durante la Repubblica di Weimar e sui suoi echi contemporanei (offerto da Arcadia Missa).
Non manca ovviamente Encounters, il settore delle opere e delle installazioni su larga scala. Quelle d’impatto, monumentali, che sfidano i limiti fisici degli stand tradizionali e permettono di uscire dagli schemi. S’intitola As the World Turns quest’anno ed è strutturato in quattro spazi: Passage, che mette in primo piano temi di risonanza culturale, resilienza e narrazione; Alteration, che approfondisce la sovversione di astrazione e materialità; Charge, che esplora le intersezioni tra i regni digitali e fisici; The Return, che si concentra sulla mitologia, la spiritualità e la natura ciclica dell’esistenza. Solo per rendere l’idea: ci sono tre dipinti monumentali di Pacita Abad tra gli highlights di Encounters 2025, mettono in mostra l’ambiziosa esplorazione dell’artista filippino-americano di iconografie e tecniche del Sud del mondo (Silverlens e Tina Kim Gallery). Poi una serie di 30 sculture in ottone dell’artista Christopher K. Ho, che attinge dal linguaggio visivo del Modernismo e crea un giocoso enigma visivo (Property Holdings Development Group). Mentre una nuova opera di Lu Yang, per la quale l’artista di Tokyo metterà in scena un pop-up store che vende opere d’arte prodotte da un avatar digitale chiamato DOKU, sarà presentato da De Sarthe e COMA. Il tutto, mentre l’opera Night Charades dell’artista singaporiano Ho Tzu Nyen accende la M+ Facade, come omaggio all’età d’oro del cinema di Hong Kong. Inizia la fiera.
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