La fiera internazionale di arte contemporanea debutta sul web dal 3 novembre al 9 dicembre con Artissima XYZ, l’inedita piattaforma cross-mediale che traduce tre sezioni storiche in un’esperienza immersiva digitale. Da ieri pomeriggio e per più un mese (ben oltre i 4 giorni a cui eravamo abituati), le sezioni Present Future, Back to the Future e Disegni potranno essere consultate – o, per meglio dire, visitate – da tutti i device, per restituire l’esperienza fisica della fiera in un modo tutto nuovo, più inclusivo delle classiche viewing-room e degli e-catalogue. La chiave, spiega la direttrice Ilaria Bonacossa, è tutta nel nome: «XYZ non evoca solo le tre coordinate spaziali, ma le ultime lettere dell’alfabeto, che unite nella loro impronunciabilità aprono alla possibilità di nuovi e inaspettati linguaggi».
Un layout immediato e tanti percorsi di lettura suddivisi in tre sezioni, con trenta artisti per trenta gallerie (dieci per ogni sezione). In questo 2020 di sconvolgimenti continui, Artissima – sostenuta dalla Fondazione Compagnia di San Paolo – punta i riflettori sul web e non teme la saturazione, la concorrenza online: «La sua forza», spiega prontamente Ilaria Bonacossa, «è che presenta soltanto 30 artisti: XYZ ha un tempo umano di fruizione». Come fosse una vera e propria mostra, di quelle di cui godere piano, con calma, per assaporare ogni dettaglio senza sentirsi travolti da una valanga di offerte.
Eppure, è evidente, la scelta non manca, ed è arricchita da interviste, video, fotografie, podcast e archivi digitali: un bell’assortimento di contenuti, insomma, pronti a soddisfare la curiosità di ogni fruitore. Alcuni di questi, spiegano da Artissima, saranno prodotti direttamente dalle gallerie e dagli artisti, mentre altri vedranno la curatela editoriale del team di Ordet – composto da Edoardo Bonaspetti, Stefano Cernuschi e Anna Bergamasco – che per Artissima ha realizzato negli scorsi anni le Artissima Stories e Pills.
Ma ecco una di quelle domande che ci poniamo spesso, parlando di fiere digitali. C’è una FEE da pagare per partecipare come galleria? Anche gli stand virtuali hanno un costo? Ilaria Bonacossa anticipa la nostra domanda e dichiara che sì, è stato richiesto un contributo, ma si tratta di una cifra modesta (500 euro a fronte dei 180,00/250,00 euro al mq tradizionali) dato il carattere sperimentale dell’edizione. Diamo allora uno sguardo ravvicinato alle tre sezioni di Artissima 2020, a cui potete accedere comodamente da questo link: ARTISSIMA XYZ
La sezione Disegni – per iniziare – presenta progetti monografici innovativi, in cui la tecnica si svincola dalla carta e assume forme sempre nuove, quasi fosse un input per sperimentare qualcosa di altro, di alternativo. Nell’edizione 2020, inoltre, sono 10 donne a dar voce alla creatività della sezione. Artiste multiformi come Keren Cytter, che nella casa dei genitori a Tel Aviv, in pieno lockdown, ha tentato di dar forma a più prospettive; e come Marguerite Humeau, che attraverso il disegno indaga, approfondisce, invita a riflettere di continuo sui misteri dell’umanità.
«Nella sezione da noi curata», commentano le curatrici Letizia Ragaglia e Bettina Steinbrügge, «abbiamo scelto di approfondire molteplici sfaccettature dell’“universo disegno” attraverso le opere di dieci artiste di età e origini differenti. Vogliamo esplorare la fluidità dei confini di questo mezzo e scoprire come la sua inclinazione alla contaminazione gli conferisca vitalità. Inoltre vogliamo sottolineare come nella pratica del disegno ogni singolo artista trovi libertà e massime possibilità di sperimentazione (di rischio e divertimento!). Questo perché desideriamo guardare al futuro, anche se solo per un momento».
È il turno di Back to the Future, che riscopre i grandi pionieri dell’arte contemporanea, quelli che hanno influenzato il presente e difendono la memoria di un passato straordinario. Un piccolo atto di resistenza, come lo definisce Lorenzo Giusti, che ha curato la sezione insieme a Mouna Mekouar. E così, tra gli artisti che sfilano in questo ritorno al futuro, troviamo David Lamelas e Mohamed Melehi, con lavori e riflessioni più che mai attuali.
«Abbiamo deciso», spiegano i due curatori, «di dare a questa particolare edizione di Back to the Future lo stesso titolo di un lavoro di David Lamelas, uno degli autori coinvolti nel progetto: When the Sky is Low and Heavy. Non soltanto la rappresentazione del rapporto uomo-natura come processo caratterizzato da continue forzature e adattamenti ci è sembrato illuminante per la lettura del nostro tempo, ma il fatto che quest’opera si trovi oggi in condizioni precarie, tanto da rischiare la scomparsa, ci è parso significativo in relazione a quelli che sono, da sempre, gli intenti primari della nostra sezione: la conservazione delle memorie e l’attualizzazione dei linguaggi».
Ed eccoci infine ad affrontare un ultimo, profondissimo viaggio tra presente e futuro, un dialogo intessuto di domande che rispecchiano il rapporto tra arte, linguaggio e instabilità politica. Tra gli artisti che usano lo spazio di Present Future come ulteriore atto di resistenza, ricordiamo Shadi Harouni, che indaga soprattutto il territorio mediorientale, e Manuel Solano, artista messicano che, affetto da AIDS, è diventato cieco a 26 anni e ha messo in discussione l’esistenza attraverso la sua arte.
«Concentrandosi su poetiche che ascoltano e danno voce a coloro che si trovano in situazioni sociali, politiche, geografiche o culturali più ai margini», dichiarano le curatrici Ilaria Gianni e Fernanda Brenner, «gli artisti di Present Future, piuttosto che etichettare e sfruttare queste circostanze, liberano narrazioni e immaginari che condensano molteplici versioni della Storia. Ogni opera diventa un atto di resistenza e, come un respiro, un atto di sopravvivenza. Present Future 2020 coinvolge i visitatori in un discorso complesso che mette in discussione linguaggi e posizioni, visioni e identità, offrendo una piattaforma di discussione e interpretazione dinamica e plurale, che evita deliberatamente ogni opposizione binaria».
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