La regina delle fiere ha aperto i battenti, è ufficiale. La kermesse super patinata, degli eccessi, a tratti kitsch, quella dove attaccare una banana al muro con uno strappo di scotch e poi rivenderla fino a $ 120.000. Torna Art Basel Miami al Convention Center (8-10 dicembre), accorrono i collezionisti da una parte all’altra del globo. Ci sono 277 gallerie internazionali stavolta, 34 i Paesi rappresentati, per un totale di 4000 artisti sparsi tra le sezioni Galleries, Meridians, Kabinett, Positions, Nova e Survey. E subito fioccano le aggiudicazioni stellari, fin dai giorni di esclusivissima preview: Painter at night di Philip Guston è andato per $ 20 milioni (Hauser & Wirth), due Infinity Net di Yayoi Kusama son passati di mano, rispettivamente, per $ 3 e 3,2 milioni (David Zwirner), ancora un Alex Katz da $ 1,4 milioni (Kasmin), un Robert Rauschenberg da $ 1,7 milioni (Thaddaeus Ropac), Upside Down Blue Nude di Tom Wesselmann che trova un acquirente nel range di $ 1,25-1,35 milioni (Almine Rech). Solo per rendere l’idea. Ma non è soltanto “vendite da capogiro” la super fiera della Florida, è il vero epilogo, l’atto finale, dopo le performance ben riuscite delle sorelle di Parigi, di Hong Kong, ovviamente di Basilea. E segna il termometro di un mercato più parco – da mesi parliamo di “normalizzazione” – dopo i picchi stratosferici di un 2022 senza misura. Ne abbiamo parlato con Vincenzo de Bellis, a un anno dalla sua nomina come direttore delle quattro fiere di Art Basel.
Primo anno da direttore delle quattro fiere di Art Basel. Prima di Miami, abbiamo già assistito all’edizione 2023 di Basilea, al ritorno in pompa magna di Hong Kong, al secondo atto di Paris+. Qual è la salute del mercato che ne è emersa, da una parte all’altra del globo?
«Il più recente Art Basel and UBS Survey of Global Collecting 2023 – che ha preso in considerazione oltre 1800 high-net-worth collectors in 11 mercati mondiali – ha mostrato che la spesa destinata all’arte, da parte dei collezionisti, è rimasta molto forte nel 2023. In effetti, soltanto nella prima metà dell’anno, ha eguagliato quella di tutto il 2022. Non solo. Il rapporto ha anche rivelato che, nonostante il comportamento potenzialmente più cauto di molti collezionisti, la stragrande maggioranza si è detta ottimista rispetto al mercato dell’arte nel 2024, manifestando anche un certo interesse per la partecipazione agli eventi e per l’acquisto di opere d’arte di persona. Naturalmente, ciò che accadrà fino alla fine dell’anno e nel 2024 è ancora da scoprire. Finora, abbiamo assistito a un incredibile ritmo di attività e di vendite alle nostre fiere di Hong Kong, Basilea e Parigi, in tutti i settori, dagli artisti emergenti a quelli affermati, e a questo si è aggiunta una forte partecipazione regionale e internazionale in tutte le nostre fiere. Non vedo l’ora di scoprire che cosa ci riserveranno questi giorni a Miami Beach, per concludere l’anno e guardare a Hong Kong a marzo».
È la stessa situazione che riscontri in Italia?
«I movimenti artistici nati in Italia nel XX secolo, come l’Arte Povera, sono al centro del mercato dell’arte del Paese. I suoi protagonisti – dai mercanti ai collezionisti agli artisti – sono spesso tanto rigorosi nella loro attività quanto discreti. Tuttavia, direi che il mercato italiano rimane solido, grazie soprattutto all’alta qualità delle opere realizzate dagli artisti italiani del dopoguerra, da Giorgio Morandi a Carla Accardi. Questo patrimonio costituisce la base del mercato italiano».
Sembra che in generale i collezionisti siano in qualche modo più accorti, più morigerati, dopo un 2022 fatto di picchi e di vendite fuori misura. A livello fieristico, questo trend ha delle ripercussioni nella scelta delle opere dei booth?
«Non abbiamo la supervisione delle opere finali che gli stand espongono nel main sector, nelle varie fiere. Naturalmente le nostre gallerie sono le più adatte a prendere questo tipo di decisioni, sulla base dei loro profondi rapporti con artisti e clienti. In ogni caso, quest’anno i vari booth hanno portato alle fiere di Art Basel opere di qualità straordinaria, opere ambiziose – con capolavori di Francis Bacon, Louise Bourgeois, Mark Rothko e molti altri nomi di primo piano. E abbiamo anche osservato un aumento delle presentazioni in termini di qualità e di curatela, nel 2023. Per citare un esempio eclatante: la Weinstein Gallery di San Francisco e la Galerie Minsky di Parigi, che partecipano alla fiera per la prima volta, uniranno le forze per una presentazione davvero unica dedicata alla surrealista italo-argentina Leonor Fini. Parallelamente, le gallerie di tutti i segmenti di mercato continuano a rappresentare artisti più giovani ed emergenti, contribuendo a creare un ecosistema più diversificato ed equilibrato».
Torniamo allora al colosso Art Basel Miami, che ha appena aperto le porte al pubblico per la 21esima edizione. Quali sono le principali novità per il 2023?
«Quest’anno la nostra fiera di Miami Beach ospita 277 gallerie leader provenienti da 34 Paesi, con quasi due terzi degli espositori con sede principale in Nord e Sud America. Accogliamo per la prima volta 25 gallerie provenienti da tutto il mondo: Stati Uniti, Canada, Messico, Brasile, Francia, Paesi Bassi, Polonia ed Egitto. E siamo entusiasti di presentare una nuova planimetria per la fiera, adattata per migliorare la visibilità degli stand di tutti i settori e per offrire ai visitatori un’esperienza eccezionale – a partire da più posti a sedere e più punti di ristoro sparpagliati per tutto il padiglione. Un’altra novità stellare è Access by Art Basel, una piattaforma di vendita d’arte online gestita da Arcual e progettata per sostenere le donazioni filantropiche…».
In che cosa consiste?
«È stata lanciata quest’anno per la prima volta durante la fiera di Miami Beach. Access by Art Basel unisce il collezionismo alla filantropia ed è progettata per integrare le vendite d’arte con donazioni di beneficenza a favore di cause che stanno molto a cuore ad artisti, gallerie e collezionisti. Mentre l’intero valore di ogni opera d’arte venduta attraverso Access va all’artista e alla galleria che la presenta, gli acquisti sulla piattaforma richiedono anche un impegno di beneficenza aggiuntivo, a partire da un minimo del 10% del prezzo dell’opera, con la possibilità di aumentare ulteriormente. A questo proposito, siamo lieti di collaborare con due importanti associazioni di beneficenza, una locale e una internazionale: The Miami Foundation e International Committee of the Red Cross. Abbiamo lanciato la prima edizione di Access con oltre una dozzina di artisti che espongono in fiera, tra cui Hernan Bas, Katherine Bradford, Rafael Delacruz, Jenny Holzer e Angel Otero – le loro opere sono esposte e saranno disponibili per l’acquisto fino a domenica 10 dicembre. In occasione del debutto della piattaforma, Art Basel si è anche impegnata a fare una donazione di 25.000 dollari, sarà divisa equamente tra la Miami Foundation e il CICR».
Puoi svelarci qualcuno dei progetti che più ti ha colpito, tra quelli che incontriamo tra gli stand?
«Per il settore principale della mostra, Galleries, mi piace sottolineare le presentazioni congiunte degli stand. La Parrasch Heijnen Gallery di Los Angeles e la Franklin Parrasch Gallery di New York hanno organizzato insieme una mostra che celebra la leggendaria Brockman Gallery, attiva a Los Angeles dal 1967 al 1990. È stata la prima grande galleria contemporanea gestita da e per artisti afrodiscendenti. La presentazione è organizzata tra l’altro con il contributo curatoriale di Alonzo Davis, uno dei fondatori della Brockman Gallery. Naturalmente, anche la presentazione di Leonor Fini, di cui parlavo prima, è un vero punto di forza. Ci sono poi le 19 opere monumentali del settore Meridians, l’installazione filmica di Ja’Tovia Gary, la delicata scultura tessile di Eric N. Mack e la serie di fotografie alterate di proteste di Marcelo Brodsky sono solo alcune delle opere più toccanti esposte quest’anno. Anche la sezione Position, dedicata agli artisti emergenti, è parecchio ambiziosa: la newyorkese Mrs, ad esempio, allestisce uno stand di sculture e rilievi murali in pasta di carta dell’artista di origine giamaicana Nickola Pottinger, trasformati dagli archivi cartacei raccolti nella casa della sua famiglia di immigrati; mentre la Galeria Dawid Radziszewski presenta uno stand di nuovi affascinanti dipinti sul tema della queerness dell’artista polacco emergente Krzysztof Grzybacz».
Hai guidato di recente Panorama, prima ancora miart, conosci molto bene il legame tra fiere e territorio. Ti chiedo: come si approfondisce il carattere local, in una fiera globale come Art Basel Miami? E cosa resta, dopo le patinatissime art week?
«Il rapporto global/local è qualcosa a cui pensiamo sempre ad Art Basel, data la natura del nostro lavoro. Ognuna delle nostre quattro kermesse a Basilea, Hong Kong, Miami Beach e Parigi è radicata e accompagnata da un’ambiziosa programmazione parallela, creata in modo specifico per le città e per i rispettivi contesti che ospitano le fiere. Art Basel Miami Beach, in particolare, si trova in un punto d’incontro geografico e culturale tra il Nord e il Sud America, e quindi mette in risalto i talenti artistici e le comunità originari da quella regione – i due terzi delle gallerie di quest’anno provengono da lì, dall’America, e a loro si aggiunge una serie di espositori da Europa, Asia e Africa. Quest’anno sono 11 le gallerie con almeno uno spazio espositivo nel Sud della Florida, un aumento significativo rispetto agli ultimi anni. David Castillo e Fredric Snitzer Gallery di Miami sono tra i partecipanti di Galleries, insieme ad Acquavella Galleries, Ben Brown Fine Arts, Gavlak, Lehmann Maupin, Pace Gallery e White Cube, con sedi a Palm Beach. La Central Fine Gallery di Miami Beach è tra gli espositori di Nova, mentre la Piero Atchugarry Gallery, con spazi espositivi a Miami, e Garzón, le ritroviamo a Survey, e Spinello Projects di Miami a Positions. Lavoriamo a stretto contatto con la città di Miami Beach, insieme alle istituzioni culturali e alle collezioni private della città, vogliamo offrire opportunità ed esperienze sempre più interessanti alle nostre gallerie e ai loro artisti, nonché ai nostri partner, ai collezionisti, ai visitatori, durante tutto l’anno. La nostra community di gallerie di livello mondiale, collezionisti e partner istituzionali e culturali è alla base della fiera da oltre 20 anni. E continua a crescere, a evolversi, a plasmare l’ecosistema culturale della regione».
Una domanda che mi pongo spesso davanti alle super fiere come Art Basel Miami. Quanto vale qui il “fattore esperienziale”? Mi spiego meglio: per acquistare, i collezionisti hanno bisogno di essere coinvolti, di creare una sorta di legame con la fiera?
«La nostra missione principale ad Art Basel è quella di offrire le maggiori fiere d’arte a livello globale, e questo naturalmente significa accrescere la qualità dell’esperienza dei visitatori nelle nostre fiere. Siamo costantemente impegnati a trovare modi nuovi e coinvolgenti per migliorare questo aspetto, dalla programmazione alla disposizione degli stand. Quest’anno, come accennavo, abbiamo presentato un layout espositivo innovativo, con l’organizzazione di cinque piazze distinte sul piano espositivo. Le piazze sono state adattate per garantire una migliore visibilità alle gallerie dei vari settori e per migliorare il flusso dei visitatori. Offrono maggiori opportunità di bere, mangiare, fare una pausa e contemplare l’arte che li circonda, da soli o in conversazione. Ma, al di là dell’esperienza del visitatore in sé, quando si tratta di acquistare arte entrano in gioco molteplici fattori, molti dei quali profondamente personali e soggettivi. Nel caso di Art Basel Miami Beach, da oltre 20 anni riuniamo una comunità internazionale di gallerie di livello mondiale, collezionisti e partner istituzionali e culturali, molti dei quali hanno stretto forti relazioni anche grazie alla fiera e sentono un legame personale con la fiera stessa».
Chiudiamo allora con un pronostico, in vista del weekend: quale esperienza-tipo vivranno quest’anno, a Miami, i visitatori di Art Basel?
«A Miami Beach i visitatori possono sperimentare l’incredibile energia e la diversità del paesaggio culturale della Florida meridionale. Ci sono settori curati in fiera, e una programmazione come sempre ispirata, dinamica, ambiziosa. E al di fuori dei padiglioni, un calendario davvero eccezionale si sviluppa attraverso le istituzioni culturali e le collezioni private della regione, da Hernan Bas, Anne Duk Hee Jordan ed Etel Adnan al Bass, a Charles Gaines e Tau Lewis all’ICA Miami, a Gary Simmons al PAMM, solo per citarne alcuni».
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