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Frieze è tornata. Da oggi fino al 16 ottobre, Frieze London e Frieze Masters – e la amata Frieze Sculpture, qui – illuminano il cielo piovoso della capitale inglese. Due giornate di preview, oggi e il 13 ottobre, e poi tre date di apertura al pubblico, da venerdì fino a domenica. Una fiumana di visitatori, da una parte all’altra del globo. Oltre 270 gallerie da 42 Paesi nel mondo, tutte riunite in Regent’s Park. Sei millenni di arte, da rare antichità alle più recenti sperimentazioni, passando attraverso gli antichi maestri e i super classici del XX secolo. «La fiera di quest’anno promette non solo di celebrare la vita culturale di Londra», rivela alla stampa Eva Langret, Direttrice di Frieze London «ma anche di mostrare la sua portata globale». Quasi una risposta sottesa, eppure mirata, all’imminente Paris+.
Passeggiata in fiera, tra antico e contemporaneo
Frieze London, si inizia dagli immancabili nomi blue-chip. Come Gagosian, che punta i riflettori sulla giovane Jadé Fadojutimi, classe 1993. In asta fa scintille, nel 2021 ha fissato il record con Myths of Pleasure, da Phillips, con un’aggiudicazione da $ 1,6 milioni; in fiera, a Londra, 7 tele monumentali conquistano lo spazio a forza di astrazioni fluide e allusioni brillanti al mondo naturale. «[Fadojutimi] compone e dirige, orchestra frammenti pittorici diversi, fino a trovare un’armonia tra colore, forma, gesto ed emozione», dicono dalla galleria. Passiamo oltre. È Thomas Ruff l’artista del momento di David Zwirner, i suoi tappeti psichedelici sono protagonisti, in contemporanea, del solo show d.o.pe, nelle gallerie di New York. E cattura l’attenzione la Thomas Dane Gallery, con un progetto interamente curato da Anthea Hamilton – che abbiamo già visto in azione, di recente, con Mash Up, la mostra multidisciplinare al Museum of Contemporary Art Antwerp. Tra gli artisti in dialogo nel suo allestimento: Nancy Willis, Barbara Kasten, Jean-Luc Moulène.
Spazio alle donne da Lehmann Maupin, in un confronto incessante tra individui e culture. Tre titoli per tutti: Mine (2022) di Calida Rawles, Dark Earth (Aurora) di Teresita Fernández e Caracol Azul (2017) di Cecilia Vicuña. Dà spazio ai nuovi ingressi in scuderia la Pace Gallery, tra loro Gideon Appah e Virginia Jaramillo. Ma anche Tara Donovan, presente in fiera con QWERTY, il suo primo progetto NFT. C’è Peres Project al booth D14, occhio ai superzoom sanguinanti di Rebecca Ackroyd – tra le opere più fotografate, in effetti, insieme alle zucche in pelle di Hamilton. E spinge sullo spazio immersivo la Lisson Gallery, che sfida – o abbraccia? – lo spettatore con le opere di Laure Prouvost, vincitrice del Turner Prize nel 2013 e rappresentante della Francia alla Biennale di Venezia del 2019.
Frieze Masters. Ma anche i riverberi delle grandi mostre e fiere internazionali. A partire dalla Gallery Wendi Norris, che riunisce in un unico stand le grandi surrealiste della Biennale di Venezia, da Leonora Carrington a Remedios Varo, da Dorothea Tanning a Leonor Fini – vi parlavamo qui del loro mercato scintillante. Anche Luxembourg + Co porta in scena un’artista da riscoprire, c’è Into the composition di Sue Fuller tra gli highlights del booth – e l’attenzione su di lei prosegue all’esterno, nello spazio della galleria in Savile Row, a Londra, con prezzi che oscillano tra $ 15.000– $ 150.000. A proposito di mostre, a distanza di qualche mese dalla fine di Casa Iolas. Citofonare Vezzoli, a Milano, la Tommaso Calabro Gallery inaugura il booth B11 con un nuovo frammento dell’abitazione perduta di Alexander Iolas. Alcuni protagonisti: Stanislao Lepri, William N. Copley, Giorgio de Chirico, Max Ernst. E c’è anche Le Retour des absents di Leonor Fini, a marzo sfilava in asta da Il Ponte per € 237.500.
Avanti con i grandi classici: Lucas Cranach il Vecchio, i dettagli festosi di Pieter Brueghel il Giovane, le nature morte di Balthasar van der Ast offerte da De Jonckheere. Egon Schiele e Gustav Klimt esposti da Richard Nagy. Una natura morta di Georges Braque da Bernard Jacobson, le squame del pesce come madidi fili d’oro (nel lontanissimo 1988 passava da Sotheby’s per $ 270.000, lo scorso maggio, sempre da Sotheby’s chiudeva con un invenduto). La – sempre bellissima – Allegoria della vita umana di Guido Cagnacci che ammiravamo da Galleria Lampronti due settimane fa, alla Biennale dell’Antiquariato di Firenze (e che nel 2018 trovava un acquirente da Christie’s Londra per £ 125.000). I grandi maestri del dopoguerra da Mazzoleni, inclusi Lucio Fontana, Hans Hartung, Victor Vasarely e Georges Mathieu. Per finire, le tinte tenui di Letter to a Friend, autoritratto tormentato di Philip Guston, tra le dive più attese di Hauser & Wirth. Niente male per festeggiare i 10 anni di Frieze Masters.