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Galleria Canesso inaugura una nuova sede a Milano
Mercato
Ha visto la luce a Parigi nel 1994, riservando da subito un’attenzione speciale agli artisti italiani; ha venduto i suoi dipinti ai più importanti musei al mondo, tra cui il Metropolitan di New York, il Louvre di Parigi e Abu Dhabi, la National Gallery of Victoria di Melbourne; crede senza riserva nello sviluppo del mercato e nel collezionismo del Belpaese, come dimostra la sua ultima, coraggiosa scommessa – nata proprio in pieno lockdown. A distanza di 27 anni dalla sua prima apertura, Galleria Canesso inaugura una nuova sede a Milano, il 29 settembre, lo stesso giorno in cui Caravaggio nacque 450 anni fa. Ed è una curiosa coincidenza, in effetti, visto che proprio il Merisi è il “successore diretto” del pittore che darà il via alla programmazione della galleria, il cremonese Antonio Campi. Ne abbiamo parlato con il suo fondatore.
Intervista a Maurizio Canesso
Una sede a Parigi, dal 1994, una a Lugano. Ricorda la prima vendita della Galleria Canesso?
«In realtà ho avuto anche due parentesi newyorkesi. Negli anni ottanta lavoravo in America per Piero Corsini, un mercante italiano che in quel momento andava per la maggiore. Tra il 2010 e il 2015 ho anche avuto una Galleria in Madison Avenue, non lontano dal Metropolitan. Ho un ricordo vivido di quella che fu la mia prima trattativa. Acquistai un dipinto di Francesco Cairo attribuito allora erroneamente al Morazzone: un Cristo e la Samaritana. Avevo ventun anni. Il mio interesse per gli Old Masters nacque alla fine dell’adolescenza quando vidi per la prima volta tanti capolavori pubblicati in un’enciclopedia che adoravo sfogliare. Non avrei mai immaginato di poter avere un giorno un originale, credevo che tutti i dipinti di quel periodo fossero appesi alle pareti di musei o dimore storiche. Grazie al dipinto di Cairo e alla curiosità che suscitò in me, mi procurai tutti i libri a lui legati e riuscii ad incontrare gli storici dell’arte che l’avevano studiato. Così ho conosciuto Giovanni Testori che attribuì correttamente il dipinto a Francesco Cairo e che proprio in quel periodo stava preparando la mostra monografica del pittore. Questo fu il momento di svolta che segnò l’inizio della mia carriera di mercante d’arte. Poco più tardi vendetti il quadro a un importante studioso lombardo che divenne il mio primo cliente».
Come è cambiato da allora il mercato degli Old Masters?
«È diventato decisamente più esigente. La clientela oggi è molto attenta non solo alla qualità pittorica del dipinto ma anche al suo stato di conservazione, alla provenienza dell’opera e all’interesse estetico o simbolico del soggetto raffigurato».
Perché investire su un Old Master nel 2021, dunque? Come lo spiegherebbe a un giovane collezionista?
«Comprare un dipinto antico non è certo un investimento speculativo, ma piuttosto un investimento patrimoniale. Un oggetto d’arte, se scelto prestando la giusta attenzione alla qualità artistica e allo stato di conservazione, può rappresentare un asset importante all’interno di un portafoglio patrimoniale diversificato. Comprare un dipinto antico significa anche vivere accanto a un oggetto che porta con sé una storia e che fa parte delle nostre radici culturali. Vuol dire instaurare un dialogo con il passato. In un mondo in cui tutto diventa desueto rapidamente, avere un oggetto che è stato capace di attraversare i secoli ci può dare un senso di stabilità. Gli Old Masters hanno un valore attivo che ci permette di dare al presente spessore e profondità».
TEFAF, da poco conclusa, ha confermato anche quest’anno il successo senza tempo dell’arte antica. Un commento a caldo sull’ultima edizione?
«Le ultime due edizioni di TEFAF, che si sono svolte online, sono state fondamentali per tenere vivo il rapporto e il dialogo con i nostri clienti. Sono molto colpito dall’interesse e dalla reazione positiva del pubblico. Indubbiamente però si è sentita la mancanza del contatto personale con i collezionisti e i curatori dei musei, elemento indispensabile nel mio lavoro. Aspettiamo la primavera del 2022 per tornare veramente a TEFAF!»
E arriviamo così all’apertura della nuova sede della Galleria Canesso, stavolta nel cuore di Milano. Da che cosa deriva la necessità di un nuovo spazio?
«Milano è una delle città europee più dinamiche e che meglio coniuga il fervente desiderio d’innovazione con l’amore per le tradizioni storico-artistiche. Ha un humus culturale straordinario, anche qui ho un dialogo aperto con gli storici dell’arte e le istituzioni museali, molti dei miei punti di riferimento scientifici e accademici sono in questa città. La Lombardia è anche il cuore dei miei interessi artistici. Tra tutti i quadri che ho avuto in Galleria, quelli dei pittori lombardi sono sempre stati da me molto ricercati e promossi».
Perché proprio a Milano – e non a Roma o Firenze?
«Milano rappresenta per me un ritorno alle origini. Sono nato e cresciuto sul lago di Varese e sono partito dall’Italia a ventidue anni. Ora ho voglia di ritornarci, almeno un po’!»
Che cosa vedremo quindi, a partire da ottobre, in via Borgonuovo 24?
«Galleria Canesso Milano inaugura con due opere di Antonio Campi (Cremona 1522/23 – 1587) ben note alla critica ma mai presentate al pubblico, un Cristo nell’orto degli Ulivi e un Cristo davanti a Caifa. Due straordinari Notturni con scene della Passione, esempio di quello sperimentalismo di luce tipico del manierismo lombardo che resero Campi l’artista prediletto del Cardinale Carlo Borromeo (1538-1584) e precedente diretto del Caravaggio (1571-1610). A corollario delle tavole sono esposti un gruppo di dipinti nati nello stesso contesto artistico, quello che gravita intorno alla Cremona del Cinquecento».
Bravo Maurizio! Ti auguriamo il massimo successo a questa tua nuova iniziativa.
Vally ed Enrique