Era il 1978 quando Franco e Roberta Calarota fondavano Galleria d’Arte Maggiore G.A.M., un momento in cui le istituzioni pubbliche e il sistema privato vivevano una fase di transizione. L’attività della galleria si è subito distinta per la grande qualità della ricerca, e per il coraggio nella rilettura di grandi artisti storicizzati in chiave contemporanea, e nella proposta di artisti della nuova avanguardia italiana e internazionale. Così nel tempo la scuderia della Galleria d’Arte Maggiore g.a.m si è arricchita con nomi come De Chirico, Balla, Fontana, Morandi, Arman, Picasso, Warhol e Kosuth.
Avete appena festeggiato 40 anni di attività. Cosa è cambiato del vostro lavoro e come è cambiato il panorama italiano in questi anni?
«Quando Franco e Roberta Calarota hanno fondato la Galleria d’Arte Maggiore g.a.m. nel 1978 le gallerie formavano il gusto dei collezionisti, erano un luogo d’incontro e di scambio tra storici dell’arte, artisti ed appassionati, oggi non è più così. Con l’incremento delle fiere, diffuse in maniera capillare nel mondo e con un calendario che riempie l’intero anno, le gallerie più globalizzate sono costrette a rapporti e scambi veloci, limitati alla settimana dedicata alla manifestazione. A noi piace vivere il presente, ma conservando la nostra identità, per questo abbiamo deciso di partecipare solo ad una accurata e selettiva scelta di eventi fieristici internazionali e abbiamo aperto uno spazio a Milano, in via Manzoni, visitabile su appuntamento, che richiama l’idea del salotto culturale, proponendosi come luogo d’incontro e di scambio internazionale».
Qual è il principio che guida la vostra galleria?
«Una lunga e buona conoscenza del passato che insieme a una visione avanguardistica del presente ci permette di far convivere i tempi storici dell’arte di ieri e di oggi e in qualche caso anche di anticipare il futuro, anche a livello strategico. E questo grazie a una storia familiare di condivisione di passione per l’arte e a un incrollabile orgoglio nell’essere italiani».
Quali motivi vi hanno spinto ad aprire a Bologna e cosa invece vi ha spinto a restare?
«Bologna è la nostra città natale e da Morandi in poi, si è distinta tra le città italiane per la sua avanguardia in campo artistico. Qui è nata Arte Fiera negli anni Sessanta, diventando una delle fiere più importanti a livello europeo e quindi mondiali; qui ha sede l’università più antica del mondo occidentale dove hanno insegnato alcuni dei più preparati storici e critici del nostro paese; e qui, alla Galleria d’Arte Moderna, negli anni Settanta si è tenuta la “settimana della performance” che ha lanciato tra gli altri artisti come Marina Abramović. Ed è sempre a Bologna che negli anni Novanta abbiamo partecipato alla nascita del Museo Morandi e qui collezionisti di tutto il mondo amano venirci a trovare per scoprire un aspetto più autentico dell’Italia».
Quali fiere avete scelto e perché?
«Prima fra tutte The Armory Show, non solo perché Franco Calarota è da dieci anni nel comitato, ma anche perché è la più longeva manifestazione fieristica di New York, dove in tanti hanno provato, ma in pochi sono riusciti a durare o ad avere successo. Poi la Cina e quindi Art Basel Hong Kong, dove siamo presenti da prima dell’arrivo di “Art Basel” e che per noi è un paese di grande soddisfazione, dove abbiamo alcuni dei collezionisti più fedeli. Altro appuntamento fisso del nostro calendario è MiArt, perché in Italia è senza dubbio la fiera che più di ogni altra ha saputo dare una chiave di lettura originale a questa manifestazione. Infine da quest’anno parteciperemo a Tefaf a Maastricht che si distingue per la capacità di attirare i veri collezionisti da tutto il mondo per la varietà e l’altissima qualità delle opere proposte».
Un’opera dei sogni che vorreste poter avere in galleria?
«Ci trovavamo a Parigi all’asta di Christie’s per la collezione di Yves Saint Laurent e Pierre Bergé nel 2009. È stata dura non controbattere all’ultima offerta per la Belle Haleine-Eau De Voilette di Duchamp, la famosa bottiglietta di profumo con la fotografia dell’alter ego femminile dell’artista, “Rose Selavy”, scattata dall’amico Man Ray». (RP)