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Gavin Brown chiude la sua galleria, l’Enterprise noto come G.B.E, e si unisce, dopo 26 anni di attività, alla Gladstone Gallery.
«Barbara Gladstone è una persona che ho stimato per tre decenni», dichiara Brown in un discorso piuttosto generico, che non approfondisce i motivi di un cambio di rotta così repentino. «Segue gli artisti ed è guidata da artisti: dirige una galleria centrata sull’artista». E, ancora: «Gli ultimi 26 anni sono stati straordinari e lavorare con le persone che ho incontrato è stato il privilegio di una vita. Mi sento fortunato nel poter iniziare questo nuovo capitolo con Barbara e Max», conclude, alludendo anche a Max Falkenstein, un partner della galleria. Nessun cenno esplicito, dunque, a concrete difficoltà economiche, le stesse che stanno vessando le grandi gallerie di tutto il mondo e costringono i titolari a tagli e ripensamenti continui (nonostante il Paycheck Protection Program, di cui vi parlavamo qui). Di fatto, però, l’Enterprise è chiuso da marzo, e a quanto pare le attività online non hanno sopperito alla crisi. Un cambio di pelle, allora, è sembrato l’unico passo da compiere.
«Penso che questo momento storico sia importante per pensare a nuove possibilità nel mondo dell’arte», afferma Barbara Gladstone, fondatrice della Gladstone Gallery che oggi conta tre sedi a New York e una a Bruxelles. «Questa nuova alleanza con Gavin sembra naturale, evolutiva e propizia. Ho a lungo ammirato Gavin per la sua originalità e per la sua presenza individuale, e queste sono qualità estremamente preziose per me, che dovrebbero essere incoraggiate in tutti noi. Sono entusiasta all’idea di lavorare con lui e con questo straordinario gruppo di artisti». E in effetti Gavin Brown porta in dote ben 10 artisti, che saranno rappresentati dalla Gladstone Gallery: Arthur Jafa, Rachel Rose, Joan Jonas, Ed Atkins, LaToya Ruby Frazier, Kerstin Brätsch, Alex Katz, Frances Stark, Rirkrit Tiravanija e Mark Leckey. Una piccola parte della sua scuderia, insomma, ma non è detto che nei prossimi giorni non arrivino nuove conferme.
Il mercato dell’arte – Brown sembra averlo capito molto bene – non sarà più quello di prima: «Penso che entrambi sappiamo che sia necessario qualcosa di più, o qualcos’altro, specialmente ora. Immaginare di poter ricominciare con gli affari come abbiamo sempre fatto è un’illusione collettiva. In questo senso, penso che forse il tempismo di questo cambiamento sia buono. L’ansia generale per lo stato di questo paese, politicamente, socialmente e spiritualmente, rappresenta il vero motore. C’è un desiderio che le cose mutino». In ogni caso, ormai è sicuro: lo spazio ad Harlem sulla 127esima strada, noto come G.B.E., non aprirà più. Sembra invece che la sede italiana, inaugurata nel 2015 in una chiesetta sconsacrata tra i vicoli di Trastevere, resterà attiva anche dopo la fusione con la Gladstone.
«Gavin Brown è stato ed è uno dei più grandi art dealers degli ultimi 100 anni. Gli auguro solo il meglio. Ha già cambiato molte volte il mondo. E la mia vita». E sulla scia del tweet di Jerry Saltz, non ci resta che scoprire se anche questa fusione segnerà una svolta straordinaria.